La Pasqua, il sangue e Cristo

“Pasqua” viene dal termine ebraico pèsach, che significa “passare oltre”. Stiamo parlando di quella decisiva e fatale notte in Egitto, durante la quale la piaga finale, la morte dei primogeniti, stava per abbattersi sul popolo.


Ogni famiglia ebrea avrebbe dovuto prendere un agnello e, al versetto 6 del capitolo 12 di Esodo, leggiamo:

«Tutta la comunità d'Israele, riunita, lo sacrificherà al tramonto.»

Tutti quegli agnelli che furono sacrificati rappresentavano un altro Agnello, e Dio guardava ad essi come se fossero uno solo, il Signore Gesù Cristo, la Pasqua offerta per noi sulla croce. Ma perché per noi Gesù significherebbe "passaggio"? Per coloro che cominciano a credere che Gesù è il proprio Salvatore, la vita da quel momento cambia radicalmente. L'accettare il sacrificio di Gesù come riscatto per la propria vita significa passare dalla morte spirituale alla vita. Dalla schiavitù della propria carnalità ed egoismo, alla libertà che solo Dio può dare.

Ogni famiglia israelita avrebbe dovuto mettere il sangue dell'agnello fuori, sugli stipiti della porta, di modo che l'angelo della morte, vedendolo, non si sarebbe fermato, ma sarebbe, appunto, passato oltre.  Anche in questo caso, il sangue prefigura il sangue di Gesù sparso sulla croce, che consente a coloro che credono e accettano personalmente quel sacrificio, di avere la certezza della vita eterna.

Gli Israeliti non furono salvati in quanto discendenti di Abramo; se gli Egiziani avessero ubbidito all'ordine di Dio di aspergere col sangue dell'agnello gli stipiti della porta, anche loro sarebbero stati salvati dall'angelo della morte. Dio aveva detto: «Quando vedrò il sangue, passerò oltre».
Quella notte, in Egitto, morirono i primogeniti nelle case non protette dal sangue. Vediamo quindi che l'aspersione del sangue sugli stipiti e sull'architrave delle porte era una dimostrazione di fede, e ciò corrisponde alla fede personale in Cristo.

Il sangue non era un segno mistico o superstizioso. Attraverso tutta la Bibbia troviamo il principio secondo il quale, senza spargimento di sangue non può esserci perdono dei peccati. In altre parole, Dio non può, arbitrariamente o con un atto di generosità, chiudere gli occhi davanti al peccato e ignorarlo, così come non può farlo un giudice odierno davanti al colpevole. Il giudice applicherà la legge e la pena verrà inflitta. Anche la legge di Dio è inesorabile, in quanto afferma che l'anima che pecca, morirà. La sentenza di morte incombe su ciascuno di noi, ma la grazia di Dio ha fatto in modo che la vita di un innocente si sostituisse al colpevole. Fino alla venuta di Gesù, si trattava di un agnello che veniva offerto in sacrificio, ma poi Egli fu

«L'Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo» (Giovanni 1:29).

Se crediamo in Gesù come nostro Salvatore, siamo salvati dal giudizio riservato ai peccatori.

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