Lettere di Paolo ai Corinzi

Al tempo dell'apostolo Paolo, Corinto era una città cosmopolita, socialmente stratificata e con una forte presenza di schiavi. Era imperniata sugli interessi commerciali e caratterizzata da costumi immorali. Un viaggiatore dell’epoca poteva paragonare la città ad un pentolone contenente varie culture, stili di vita e religioni differenti. Paolo elenca all’interno della sua lettera quattro categorie di persone: Giudei, Greci, schiavi e liberi, che riflettono la composizione della città.

Durante il suo secondo viaggio missionario, l’apostolo Paolo da Atene giunse a Corinto intorno al 50 d.C. Insieme ad Aquila e sua moglie Priscilla, ebrei convertiti al cristianesimo, lavorò come fabbricante di tende e, durante il suo soggiorno di diciotto mesi in quella città, Paolo predicò ogni sabato nella sinagoga. In seguito si rivolse a coloro che non erano ebrei e, nonostante le solite opposizioni provenienti dai suoi connazionali, l’apostolo vide moltissime persone convertirsi al Signore. Quando l’apostolo lasciò la città per continuare la sua missione altrove, mantenne i contatti con la chiesa attraverso la corrispondenza e altre visite.

 

 

Ai Corinzi, Paolo indirizzò due lettere entrate a far parte del canone biblico. La prima venne scritta mentre egli si trovava ad Efeso, nel 55, mentre la seconda venne scritta dalla Macedonia intorno al 57 d.C.
Dal contenuto del testo, possiamo anche dedurre che Paolo stesse rispondendo a delle domande poste dalla chiesa di Corinto per iscritto.

In base a quello che si può leggere, i cristiani corinzi erano presto diventati orgogliosi e si erano così venute a creare delle divisioni nella chiesa. Orgoglio e divisioni sono spesso all’origine di mali ancora peggiori, ed infatti, nei capitoli 5 e 6 apprendiamo che gravi casi d’immoralità erano tollerati nella chiesa. Alla fine della lettera, Paolo menziona i nomi di Stefana, Fortunato e Acaico (vv. 16-17), membri della chiesa di Corinto che erano andati a trovarlo.
È probabile che questa rappresentanza abbia recapitato le domande sorte nella comunità di Corinto, alle quali l’apostolo risponde nei capitoli successivi. Dopo aver toccato i temi del matrimonio e del rispetto reciproco nelle scelte anche personali, Paolo esorta i Corinzi a non creare ostacoli al Vangelo e a vivere come se partecipassero ad una corsa con il proposito di ottenere il premio (9). Segue l’invito a lasciarsi istruire dalle tristi esperienze di Israele nel deserto (10).
Continuando nella lettura, apprendiamo che i Corinzi usavano i doni spirituali esibendoli per la loro gloria personale, piuttosto che per quella di Dio e per l'edificazione della chiesa. Paolo ricorda loro che l'amore per Dio e per il prossimo è alla base della vita cristiana (13).
Così, egli scrive una sorta d’inno all’amore che è uno dei brani più belli di questa lunga lettera e si trova al capitolo 13.
Al capitolo 15, invece, l’apostolo spiega in modo chiaro la resurrezione e, dopo aver trasmesso ai Corinzi questo fondamentale insegnamento, conclude la lettera con alcuni consigli pratici (16).

Veniamo ora alla seconda lettera.
Date le circostanze che si svilupparono a Corinto, la seconda lettera ai Corinzi contiene un’ampia difesa della sua autorità apostolica dovuta alla presenza di alcuni forti oppositori di Paolo.
Paolo parla della sua sofferenza (capitolo 1), delle sue lotte (4) delle sue speranze (5). Descrive il ministero di cui è stato incaricato da Cristo stesso e che è essenzialmente un ministero di riconciliazione (5). Spiega in che modo si è dedicato al suo servizio (6), sviluppa il tema della generosità e, nella parte finale della lettera, afferma la sua autorità apostolica presentando le sue credenziali e le sue esperienze, con il marchio del pericolo e della sofferenza fisica.
Paolo parla al cuore dei destinatari e mostra come alla sofferenza segua sempre la consolazione (1:3-7), nella nostra debolezza si faccia spazio la potenza di Dio (12:1-10). Questi contrasti sono l’elemento caratteristico della lettera.

 

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