Neemia

16 neemia

Questo testo appartiene al gruppo dei libri storici dell'Antico Testamento e costituisce il proseguimento del libro di Esdra.
I libri di Esdra e Neemia sono strettamente collegati: mentre il primo racconta soprattutto la ricostruzione del tempio in seguito all’editto di Ciro, il secondo riporta la storia della ricostruzione delle mura di Gerusalemme, conformemente al decreto di Artaserse, re di Persia. Le parole chiave del libro sono “riedificazione” e “preghiera”. L'intero libro è ricchissimo di preghiere: ogni momento per Neemia era buono per elevare una preghiera a Dio ed è un ottimo esempio di come la fede ci porti a confidare totalmente e costantemente nell'aiuto divino in ogni circostanza.

Si pensa che l’autore sia lo stesso Neemia, infatti la narrazione si svolge in prima persona ed è ricca di annotazioni personali, memorie e preghiere che mettono a nudo il pensiero e i sentimenti dell’autore.
La redazione del testo può essere collocata intorno alla seconda metà del V secolo a.C.

Il contesto storico nel quale Neemia si trovò ad operare era abbastanza particolare: dopo la conquista di Gerusalemme da parte di Nabucodonosor nel 597 a.C., parecchie migliaia di Israeliti erano stati deportati a Babilonia e in altre città della Mesopotamia. L’impero babilonese crollò definitivamente, ad opera dei Persiani, nel 539 a.C. Il re persiano Ciro si dimostrò indulgente verso i popoli sottomessi e gli Ebrei, che con il precedente regime erano stati costretti a lasciare la propria terra, poterono tornare in patria.
Zorobabele, discendente del re Davide, guidò il primo gruppo di Ebrei a Gerusalemme e diede inizio alla costruzione del tempio.
Circa sessant'anni dopo la costruzione del tempio, per ordine del re Artaserse, un secondo gruppo tornò sotto la guida di Esdra, uno scriba esperto nelle Sacre Scritture. L’incarico affidato a Esdra era di trasportare a Gerusalemme gli utensili per il servizio nel tempio e informarsi sulle condizioni di vita degli Ebrei già rientrati nel paese all’epoca di Zorobabele.
Dodici anni dopo la spedizione di Esdra, Neemia ricevette il permesso da Artaserse di recarsi a Gerusalemme per ricostruirne le mura.
Nel lungo periodo che intercorse tra il primo e il secondo rimpatrio, una giovane ebrea, Ester, divenne regina di Persia, perché fu scelta come moglie dal re Assuero, più conosciuto come Serse.
È probabile che Ester fosse ancora viva ed influente a palazzo, quando sia Esdra che Neemia si recarono a Gerusalemme.
In qualche modo, la presenza di una regina ebrea alla corte di Persia, portò un contributo per sensibilizzare il regno persiano alla causa di Israele.


Neemia era coppiere del re Artaserse, una mansione di fiducia che gli permetteva di stare quotidianamente alla presenza del sovrano, verificando che il vino che gli veniva servito non fosse avvelenato.
Un giorno, il re notò la tristezza sul volto di Neemia e gliene chiese la ragione. Dopo una silenziosa e breve preghiera rivolta al suo Dio, Neemia rispose che Gerusalemme, la città dei suoi antenati, era in rovina e che lui desiderava andare a ricostruirne le mura. Il re gli accordò il permesso, gli diede una scorta di cavalli, lettere di presentazione per i governatori dei vari distretti che doveva attraversare e lo nominò governatore della Giudea.
Investito da tale carica, una volta arrivato a Gerusalemme si diede subito da fare per l’opera di ricostruzione. I notabili ebrei s’impegnarono a costruire ognuno una parte delle mura.
Neemia venne accusato di ribellione contro il re di Persia, ma quelle false accuse crollarono presto.
Le mura vennero ultimate dopo 52 giorni, circa settant'anni dopo la costruzione del tempio. In seguito, un decimo della popolazione si trasferì in città per viverci e furono organizzati il governo ed i servizi del tempio.
Neemia si dedicò all’insegnamento delle Sacre Scritture e la sua opera fece sorgere un forte senso di pentimento tra il popolo, provocando un grande risveglio spirituale.
Al capitolo 9 leggiamo la confessione dei peccati che il popolo fece davanti a Dio, seguita dalla preghiera dei Leviti che metteva in risalto la grazia costante di Dio verso il suo popolo. A seguito di tutto ciò, il popolo rinnovò solennemente il patto con Dio.

Dopo aver governato Giuda per 12 anni, Neemia tornò in Persia. Ottenuto un nuovo permesso, ritornò a Gerusalemme per continuare la sua opera di ricostruzione. Questa volta si trattò più di una restaurazione di carattere morale, per insegnare al popolo ad abbandonare le infedeltà e ricominciare invece ad osservare la Parola di Dio. Infatti, durante la sua assenza, tra il primo e il secondo mandato come governatore, erano sorti dei forti disordini tra il popolo. Al suo ritorno Neemia punì i colpevoli e ristabilì il culto nel tempio di Gerusalemme.
Nulla sappiamo sulla fine dei suoi giorni, probabilmente ricoprì fino alla morte la carica di governatore della Giudea.

 

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