Come abbiamo già accennato nell'articolo precedente, suggeriamo a chi per la prima volta si accinge alla lettura della Bibbia, di cominciare con il Nuovo Testamento

Lo schema che ti presentiamo qui sotto per la lettura del Nuovo Testamento segue un approccio di approfondimento progressivo. I primi libri proposti sono quelli più semplici e man mano si avanza con i libri successivi, la profondità degli argomenti diventa sempre più importante. Ti suggeriamo, ogni volta che trovi chiari riferimenti all'Antico Testamento, di andare a leggerli per iniziare anche a prendere dimestichezza con le storie e i personaggi.

  1. Vangelo Secondo Luca
  2. Atti degli Apostoli
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Per quanto riguarda la lettura dell'Antico Testamento, troviamo utile leggere i libri in un ordine cronologico. La Bibbia è organizzata in maniera cronologica e tematica: troverai i profeti tutti insieme, ma in ordine cronologico, come anche la storia politica del popolo d'Israele. Ma per capire meglio i vari personaggi come si intersecano nell'evolversi della storia biblica, conviene seguire uno scema cronologico, che faccia comprendere cosa è successo, chi sono i personaggi e quali profeti hanno parlato in un determinato periodo.

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Focalizziamo la nostra attenzione sul versetto 7 del capitolo 1 della Lettera agli Efesini:

La lettera agli Efesini è uno dei libri del Nuovo Testamento che più riscuote interesse ed apprezzamento fra i lettori. Il motivo è costituito dai suoi contenuti teologici, dalle espressioni di preghiera e di adorazione e dai consigli pratici che vi si trovano.

Efeso era un prospero centro commerciale sulle rive del mare Egeo, alle porte dell’Asia minore. Era celebre soprattutto per il tempio di Diana, una delle sette meraviglie del mondo. L’apostolo Paolo rimase tre anni ad Efeso (Atti degli Apostoli 20:31) e la sua missione portò molti risultati. Ogni giorno insegnava nella scuola di un certo Tiranno (Atti 19:9) e da Efeso, la Parola di Dio si diffuse in tutte le province dell’Asia, mentre una solida testimonianza si stabilì in città. I credenti, in un primo momento, si incontravano nella casa di Aquila e Priscilla (Atti 18:26 e 1 Corinzi 16:19), la coppia di cristiani ebrei che aveva collaborato con Paolo a Corinto.
Di ritorno dal suo terzo viaggio missionario, l’apostolo Paolo organizzò un incontro con i responsabili della chiesa di Efeso (Atti 20:17-38). Ormai la comunità cristiana era ben fondata sulle Sacre Scritture e l’apostolo, prima di salutarli per l’ultima volta, li esortò a proteggere la chiesa a loro affidata dai i nemici della fede e a rimanere saldi nella verità del Vangelo.


La lettera agli Efesini, come pure quelle ai Colossesi, ai Filippesi e a Filemone, fu scritta da Roma mentre Paolo era in prigione.
Il libro degli Atti degli apostoli racconta dell’arrivo di Paolo a Roma sotto scorta armata e dei due anni trascorsi agli arresti domiciliari in una casa presa in affitto. È probabile che uno dei primi pensieri di Paolo, durante la prigionia, sia stato quello di scrivere ai suoi cari fratelli in fede, ed è in tale circostanza che l’apostolo inviò quattro lettere ricche di lode e adorazione a Cristo.
Siamo intorno all’anno 60 e Paolo si presenta non come prigioniero di Cesare, ma come prigioniero di Cristo (3:1), perché le sue catene contribuiscano ad incoraggiare i credenti che soffrono per la fede (3:13).

Entriamo ora nel merito del contenuto della lettera agli Efesini.
Si tratta di uno scritto focalizzato sulla chiesa. La chiesa è un organismo universale composto da singoli individui, cioè tutti coloro che sono salvati mediante la fede in Cristo Gesù. Una nuova unità è stata creata da Dio attraverso l’opera riconciliatrice della croce (2:16). In tal modo, ebrei e pagani sono entrati a far parte della famiglia di Dio, in cui sono abbattute tutte le barriere razziali, culturali e sociali.
C’è una sola chiesa e Cristo ne è il Capo.
L’apostolo Paolo usa tre figure per descrivere la chiesa:

  • Al capitolo 2 essa è raffigurata come un edificio, dal versetto 20 al 22 leggiamo: «Siete stati edificati sul fondamento degli apostoli e dei profeti, essendo Cristo Gesù stesso la pietra angolare, sulla quale l'edificio intero, ben collegato insieme, si va innalzando per essere un tempio santo nel Signore. In lui voi pure entrate a far parte dell'edificio che ha da servire come dimora a Dio per mezzo dello Spirito.»
  • La seconda immagine, proposta al capitolo 4, è quella del corpo: «Vi è un corpo solo e un solo Spirito, come pure siete stati chiamati a una sola speranza, quella della vostra vocazione» (v.4). «È lui (Cristo) che ha dato alcuni come apostoli, altri come profeti, altri come evangelisti, altri come pastori e dottori, per il perfezionamento dei santi in vista dell'opera del ministero e dell'edificazione del corpo di Cristo» (11-12). «... seguendo la verità nell'amore, cresciamo in ogni cosa verso colui che è il capo, cioè Cristo. Da lui tutto il corpo ben collegato e ben connesso mediante l'aiuto fornito da tutte le giunture, trae il proprio sviluppo nella misura del vigore di ogni singola parte, per edificare sé stesso nell'amore»(15-16).
  • Infine, la chiesa è rappresentata come una sposa. Capitolo 5, dal versetto 25 a 30: «Mariti, amate le vostre mogli, come anche Cristo ha amato la chiesa e ha dato se stesso per lei, per santificarla dopo averla purificata lavandola con l'acqua della parola, per farla comparire davanti a sé, gloriosa, senza macchia, senza ruga o altri simili difetti, ma santa e irreprensibile. Allo stesso modo anche i mariti devono amare le loro mogli, come la loro propria persona. Chi ama sua moglie ama se stesso. Infatti nessuno odia la propria persona, anzi la nutre e la cura teneramente, come anche Cristo fa per la chiesa, poiché siamo membra del suo corpo.»

Nei primi tre capitoli, mentre sviluppa nel lettore il concetto di chiesa, l'apostolo focalizza sul ruolo di Cristo per tutti coloro che credono, sul concetto di grazia (qui puoi leggere l'approfondimento"La grazia e la giustizia: perchè Dio ci perdona?") e sull'unione che deriva dall'esperienza personale di Cristo confermata dallo Spirito Santo.
Infine, i capitoli 4, 5, e 6 insegnano quali dovrebbero essere le conseguenze pratiche per la vita e le relazioni umane: esortano a ricercare la santificazione in ogni aspetto della vita come conseguenza del rapporto con Dio, senza trascurare l'aspetto della lotta spirituale, che è possibile solo usando l’armatura completa di Dio (capitolo 6, dal versetto 10).

Bisogna notare che non c’è nessuna divisione netta tra la dottrina e l’etica, le quali sono strettamente interconnesse in quanto la seconda deriva dalla prima. Nell’autentico insegnamento cristiano non c’è uno scollamento tra la dottrina e il comportamento, ma lo stile di vita del cristiano è modellato giorno dopo giorno dall’insegnamento che si riceve dalle Sacre Scritture.

La lettura della lettera agli Efesini risulta scorrevole e coinvolgente: ti invitiamo ad assaporarne le parole attentamente. Buona lettura!

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Sembra essere una necessità più che consolidata in quasi tutte le religioni: per arrivare a Dio bisogna fare qualcosa, recitare qualcosa, compiere dei rituali. Questa convinzione è anche radicata nel cristianesimo ma leggendo con attenzione la Bibbia troviamo che questa idea è contrastata con forza.

Gli abitanti della Galazia, una regione che si trova al centro dell’odierna Turchia, erano un ramo dei Galli, quel popolo stanziatosi in Francia ma proveniente dal bacino settentrionale del Mar Nero in seguito alla grande migrazione verso Ovest.
Un esercito di Galli, chiamati anche Galati, invase la regione centro-settentrionale della Turchia e vi si stabilì, dando alla nuova patria il nome di Galazia.

Presumibilmente, la data di stesura di questa lettera è il 57 d.C., al termine del terzo viaggio missionario di Paolo, mentre egli si trovava forse ad Efeso o in Macedonia.

Paolo aveva molto a cuore i Galati: si erano convertiti al cristianesimo attraverso la sua predicazione durante il suo secondo viaggio missionario e avevano accettato con gioia il vangelo, dimostrando un grande affetto verso di lui (Galati 4.13-15).
Dopo la partenza di Paolo, erano arrivati in Galazia alcuni Giudei, i quali insistevano che i Gentili (ovvero tutte le popolazioni che non avevano origini ebraiche) non potevano essere cristiani senza osservare la legge di Mosè. I Galati diedero ascolto al loro insegnamento, accettando anche la pratica della circoncisione. Paolo venne a conoscenza dell'accaduto, e scrisse questa lettera per spiegare loro che, mentre la circoncisione era necessaria per entrare a far parte del popolo ebraico, essa però non era stata richiesta da Dio ai cristiani di origine non ebraica per essere salvati e fare parte della chiesa.

Vediamo in breve il contenuto della lettera nei suoi passaggi più significativi.
Dopo un breve saluto, Paolo passa a spiegare allo scopo della sua lettera. Si meraviglia dell’improvviso abbandono del Vangelo e li riprende accoratamente.
Risalendo all’Antico Testamento e citando Abramo come esempio, Paolo mostra che per essere salvati non bisogna FARE, ma CREDERE per FEDE. Abramo fu salvato per via della sua fede, e questo molto prima che la legge fosse data al popolo tramite Mosè. La vera funzione della legge è di convincere l’uomo di essere un peccatore: nessuno è in grado di adempierla in ogni cosa. Solo Cristo, che era senza peccato, ci è riuscito. Gesù, unico uomo giusto sulla terra, condannato ingiustamente ad una morte atroce, adempiendo la legge ha reso possibile la riconciliazione fra Dio e l'uomo, separati a causa del peccato. Questa è la grazia di Dio, ovvero che, nonostante non ce lo meritassimo, grazie al sacrificio di Gesù sulla croce e alla sua vittoria sulla morte attraverso la risurrezione, possiamo avere pace con Dio ed essere adottati come suoi figli. Per essere graditi a Dio non serve nessun tipo di rituale, non ci viene richiesto. Tutto ciò che ci viene richiesto è di credere veramente in Gesù come nostro Salvatore, confessare a Dio il nostro peccato e ottenere il perdono da Lui grazie a Gesù, che è morto al posto nostro, scontando sulla croce la condanna per i nostri peccati.
A tutti quelli che prendono questa decisione, Dio dona lo Spirito Santo, che li guida e li aiuta a vivere una vita che piace a Lui. Lo Spirito, e non la legge, ci dona l’identità di Figli di Dio.

Paolo incoraggia i Galati a perseverare nella libertà cristiana perché la legge può essere adempiuta attraverso l’amore (5:13-14).
La figura di Cristo è centrale in tutta la lettera, caratterizzata da affermazioni forti che si imprimono nella mente e fanno riflettere.
In conclusione, di queste affermazioni ne vogliamo riportare una, che trovate spiegata nell'approfondimento In bilico fra rituali e fede:

«Sono stato crocifisso con Cristo: non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me!»  
(Galati 2:20).

 

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Il Vangelo è prima di tutto una notizia, una buona notizia: siamo stati riconciliati con Dio e possiamo avere pace con Lui (Romani 5:1). E Dio stesso è l’autore di tutto ciò, a motivo del suo amore:

Al tempo dell'apostolo Paolo, Corinto era una città cosmopolita, socialmente stratificata e con una forte presenza di schiavi. Era imperniata sugli interessi commerciali e caratterizzata da costumi immorali. Un viaggiatore dell’epoca poteva paragonare la città ad un pentolone contenente varie culture, stili di vita e religioni differenti. Paolo elenca all’interno della sua lettera quattro categorie di persone: Giudei, Greci, schiavi e liberi, che riflettono la composizione della città.

Durante il suo secondo viaggio missionario, l’apostolo Paolo da Atene giunse a Corinto intorno al 50 d.C. Insieme ad Aquila e sua moglie Priscilla, ebrei convertiti al cristianesimo, lavorò come fabbricante di tende e, durante il suo soggiorno di diciotto mesi in quella città, Paolo predicò ogni sabato nella sinagoga. In seguito si rivolse a coloro che non erano ebrei e, nonostante le solite opposizioni provenienti dai suoi connazionali, l’apostolo vide moltissime persone convertirsi al Signore. Quando l’apostolo lasciò la città per continuare la sua missione altrove, mantenne i contatti con la chiesa attraverso la corrispondenza e altre visite.

 

 

Ai Corinzi, Paolo indirizzò due lettere entrate a far parte del canone biblico. La prima venne scritta mentre egli si trovava ad Efeso, nel 55, mentre la seconda venne scritta dalla Macedonia intorno al 57 d.C.
Dal contenuto del testo, possiamo anche dedurre che Paolo stesse rispondendo a delle domande poste dalla chiesa di Corinto per iscritto.

In base a quello che si può leggere, i cristiani corinzi erano presto diventati orgogliosi e si erano così venute a creare delle divisioni nella chiesa. Orgoglio e divisioni sono spesso all’origine di mali ancora peggiori, ed infatti, nei capitoli 5 e 6 apprendiamo che gravi casi d’immoralità erano tollerati nella chiesa. Alla fine della lettera, Paolo menziona i nomi di Stefana, Fortunato e Acaico (vv. 16-17), membri della chiesa di Corinto che erano andati a trovarlo.
È probabile che questa rappresentanza abbia recapitato le domande sorte nella comunità di Corinto, alle quali l’apostolo risponde nei capitoli successivi. Dopo aver toccato i temi del matrimonio e del rispetto reciproco nelle scelte anche personali, Paolo esorta i Corinzi a non creare ostacoli al Vangelo e a vivere come se partecipassero ad una corsa con il proposito di ottenere il premio (9). Segue l’invito a lasciarsi istruire dalle tristi esperienze di Israele nel deserto (10).
Continuando nella lettura, apprendiamo che i Corinzi usavano i doni spirituali esibendoli per la loro gloria personale, piuttosto che per quella di Dio e per l'edificazione della chiesa. Paolo ricorda loro che l'amore per Dio e per il prossimo è alla base della vita cristiana (13).
Così, egli scrive una sorta d’inno all’amore che è uno dei brani più belli di questa lunga lettera e si trova al capitolo 13.
Al capitolo 15, invece, l’apostolo spiega in modo chiaro la resurrezione e, dopo aver trasmesso ai Corinzi questo fondamentale insegnamento, conclude la lettera con alcuni consigli pratici (16).

Veniamo ora alla seconda lettera.
Date le circostanze che si svilupparono a Corinto, la seconda lettera ai Corinzi contiene un’ampia difesa della sua autorità apostolica dovuta alla presenza di alcuni forti oppositori di Paolo.
Paolo parla della sua sofferenza (capitolo 1), delle sue lotte (4) delle sue speranze (5). Descrive il ministero di cui è stato incaricato da Cristo stesso e che è essenzialmente un ministero di riconciliazione (5). Spiega in che modo si è dedicato al suo servizio (6), sviluppa il tema della generosità e, nella parte finale della lettera, afferma la sua autorità apostolica presentando le sue credenziali e le sue esperienze, con il marchio del pericolo e della sofferenza fisica.
Paolo parla al cuore dei destinatari e mostra come alla sofferenza segua sempre la consolazione (1:3-7), nella nostra debolezza si faccia spazio la potenza di Dio (12:1-10). Questi contrasti sono l’elemento caratteristico della lettera.

 

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La storia di Paolo è un chiaro esempio di come la religiosità possa spingere a fare grossi errori e di come Dio conosca in profondità i cuori. Possiamo leggere la storia della sua conversione nel capitolo 9 degli Atti degli Apostoli.

Per comprendere chiaramente una lettera è utile sapere qualcosa del suo autore. Vi invitiamo a leggere questo breve approfondimento sull'apostolo Paolo
Per quanto riguarda la data e il luogo di composizione, gli studiosi sono concordi nell’indicare che Paolo abbia scritto intorno al 58 d. C. nella città di Corinto, durante il suo terzo viaggio missionario.

A Roma si era formata abbastanza presto una comunità cristiana, composta da credenti sia ebrei sia di origine pagana. La Bibbia non ci dice come il messaggio del Vangelo sia arrivato nella capitale dell’Impero. Molto probabilmente ci fu qualche ebreo residente a Roma che si era convertito in conseguenza alla predicazione apostolica avvenuta il giorno di Pentecoste. Ricordiamo che per le grandi feste ebraiche gli appartenenti a questo popolo erano soliti venire a Gerusalemme per poi ritornare alle loro città. Paolo aveva ricevuto notizie della comunità romana dai cristiani Aquila e Priscilla i quali, come tutti gli altri ebrei, furono espulsi da Roma dall’imperatore Claudio. Al termine del suo terzo viaggio missionario, verso l’anno 58, Paolo cominciò a pianificare di recarsi in Spagna, includendo una visita a Roma, come leggiamo nell’ultimo capitolo di questa lettera (15:23).

Ma per quale motivo Paolo scrisse ai cristiani che vivevano a Roma?
In primo luogo desiderava conoscere i credenti di Roma (1:13) e annunciare il Vangelo anche in quella città (1:12). È probabile pure che sperasse di poter avere aiuto dalle chiese di Roma per la sua progettata missione in Spagna.

Nei primi 5 capitoli, Paolo affronta l’argomento dell’universalità del peccato: tutti hanno peccato, ma Dio giustifica ogni uomo per la fede che egli mette in Gesù Cristo, e non per le opere che compie. Siamo stati riconciliati con Dio grazie al sacrificio di Cristo, la condanna che pendeva sulle nostre teste si è abbattuta su Gesù: Lui ha pagato al posto nostro e noi, se accettiamo questo “scambio”, possiamo ricevere grazia. Questo è il messaggio del Vangelo!
Al capitolo 6, Paolo spiega che la grazia di Dio non autorizza il credente a vivere nel peccato, cioè in contrasto con ciò che piace a Dio; anzi, chi crede in Cristo è una nuova creatura e, in quanto tale, si comporterà in maniera coerente con la sua nuova posizione: questo processo viene chiamato santificazione.
Al capitolo 7, l'apostolo chiarisce il ruolo della legge mosaica, che fu data da Dio al popolo di Israele per far comprendere all'uomo la sua incapacità di osservarla e di “santificarsi” attraverso di essa. Gesù fu l'unico uomo in grado di osservarla in ogni suo aspetto.
Così arriviamo al capitolo 8, dove Paolo introduce il tema della guida dello Spirito Santo nella vita del credente.
I capitoli da 9 a 11 si riferiscono a Israele, il popolo depositario delle promesse divine. L’allontanamento d’Israele dalla presenza di Dio è temporaneo, ma verranno i giorni in cui tutto Israele sarà salvato (v. 26).
Dal capitolo 12 fino alla fine della lettera, l’apostolo tratta dei vari aspetti della vita cristiana: i cristiani devono amarsi a vicenda, rispettare le autorità costituite, devono aiutare chi è debole nella fede, ricercando la pace e l’edificazione reciproca.
Il capitolo 16 si conclude con i saluti.

La lettura di questa lettera non sempre risulta semplice, perché Paolo tocca aspetti dottrinali di estrema importanza e profondità: al suo interno ci sono perle di inestimabile valore per la vita di tutti coloro che desiderano avvicinarsi a Dio e camminare con Lui.

 

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Questo libro viene anche chiamato il quinto Vangelo e si possono comprendere facilmente le ragioni di questa definizione: a tutti gli effetti, è un seguito al racconto di ciò che accadde dopo la resurrezione di Gesù.
Per lo stile della narrazione e per tanti altri indizi, si attribuisce questo scritto a Luca che scrisse riportando con cura tutti gli avvenimenti con uno stile quasi giornalistico.

I primi sette capitoli degli Atti degli apostoli riportano l’opera del Signore Gesù Cristo per mezzo degli Apostoli a Gerusalemme attraverso lo Spirito Santo. I capitoli da 8 a 12 riportano l’opera dello Spirito Santo per mezzo degli Apostoli in Giudea e Samaria.
Il rimanente del libro parla dell’opera del Signore Gesù attraverso lo Spirito Santo, per mezzo dei discepoli in tutta l’estremità della terra.

Gesù aveva preparato i suoi discepoli per tre lunghi anni e poi improvvisamente era morto. Il terzo giorno era resuscitato e per quaranta giorni rimase con i suoi per rafforzare ancora la loro fede. Infondo, tutto quello che aveva detto che sarebbe successo era accaduto e ora gli fece una promessa: lui sarebbe tornato al padre ma avrebbe mandato lo Spirito Santo su di loro affinchè potessero essere testimoni efficaci e raggiungere tutti gli angoli della terra. Gesù ascese poi al cielo e pochi giorni dopo lo Spirito Santo scese sui discepoli nel giorno della Pentecoste (troviamo questo episodio nel capitolo 2) e migliaia di persone in un solo giorno si convertirono a Cristo.
Gesù aveva preannunciato che avrebbero ricevuto una sorta di nuovo battesimo: questo era il "Battesimo in Spirito" al quale anche Giovanni Battista si riferiva mentre parlava di Gesù ancora prima che il Cristo incominciasse i suoi tre anni di predicazione. Questo episodio cambiò drasticamente la vita dei discepoli che ora erano pronti ad andare e predicare dovunque il messaggio di Cristo.

Segue la storia di Stefano, lapidato per l'ira dei capi religiosi. Invece che arrestare la crescente ondata di conversioni, il martirio di Stefano diede maggiore impulso al progresso del Vangelo: i credenti furono dispersi e da Gerusalemme, ovunque andassero, portavano la Buona Notizia di Gesù.
Saulo da Tarso, feroce persecutore della Chiesa, si convertì e ben presto divenne ne un nuovo apostolo, con il nome di Paolo. La predicazione di Pietro nella casa del centurione romano Cornelio aprì le porte della Chiesa ai pagani, perché precedentemente sembrava che il Vangelo fosse ad esclusivo appannaggio degli Ebrei: a tal proposito si tenne una discussione a Gerusalemme (riportata nel capitolo 15), che vide la definitiva apertura del Vangelo a tutte le genti, proprio come Gesù aveva detto.
Vengono narrati i tre viaggi missionari di Paolo, durante i quali egli, insieme a Barnaba e Sila, coprì una vasta area fra Macedonia e Grecia. Ad Efeso, Paolo trascorse molto tempo e, oltre che fondare una chiesa, con il suo ministero ebbe una notevole influenza nelle regioni circostanti.
Tornato a Gerusalemme, fu attaccato dai suoi nemici ebrei e arrestato. I capitoli restanti sono dedicati al lungo e pericoloso viaggio che Paolo dovette affrontare verso Roma come prigioniero. Durante la prigionia, l'apostolo scrisse alcune delle più importanti lettere del Nuovo Testamento.
Infine, il libro degli Atti degli apostoli si conclude con Paolo agli arresti domiciliari a Roma.

Il versetto chiave di questo libro lo possiamo individuare al capitolo 1, versetto 8:

«Ma riceverete potenza quando lo Spirito Santo verrà su di voi, e mi sarete testimoni in Gerusalemme, e in tutta la Giudea e Samaria, e fino all'estremità della terra.»

È l’ultimo messaggio che il Signore Gesù ha lasciato ai suoi discepoli prima di ascendere al cielo. Ed è un messaggio che ancora oggi grida forte a ciascuno di noi.

 

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