Nelle Cronache i fatti descritti nei libri di Samuele e dei Re vengono raccontati con maggiori dettagli e Dio, come ispiratore della Sacra Scrittura, enfatizza dei particolari che considera importanti.

Nei libri delle Cronache, la storia che va Da davide alla deportazione a Babilonia è vista sotto un nuovo punto di vista: nei libri dei Re, il centro era il palazzo reale, nelle Cronache, invece, il centro è il tempio. I libri dei Re riportano la storia politica della nazione, mentre quelli delle Cronache ne riportano la storia sotto un profilo più legato alla religione.
È probabile che le Cronache siano state scritte da Esdra, in quanto presentano una sorprendente somiglianza di stile e di linguaggio col libro che porta il suo stesso nome.

Nel primo libro delle Cronache troviamo lunghe tavole geneaoliche per i primi 9 capitoli, poi l'accento si sposta sulla storia di Davide e sul suo desiderio di realizzare il tempio.

I primi nove capitoli del secondo libro sono dedicati al regno di Salomone, alla cui morte salì al trono il figlio Roboamo. Fu la stupidità di Roboamo a causare la divisione del regno israelita, che si divise in regno del Nord (chiamato anche Israele e composto da dieci delle dodici tribù) e regno del Sud (chiamato anche Giuda e formato essenzialmente dalle due tribù di Giuda e Beniamino).
Dio mette l'enfasi sul regno di Giuda, perché da Davide, appartenente a questa tribù, possiamo tracciare l'intera linea genealogica che porta a Gesù Cristo.
In questa parte della storia nazionale, troviamo cinque periodi di “risveglio” della nazione, sui quali le Cronache si soffermano: come abbiamo già detto la storia è presentata focalizzando sull'aspetto religioso, e viene messo in risalto come Dio interviene con decisione sulla situazione del popolo.
Nabucodonosor diventa l'artefice del giudizio di Dio su Israele e la deportazione durerà 70 anni. Il secondo libro delle Cronache si chiude con un colpo di scena: un re persiano, Ciro, riconosce la sovranità di Dio, con un editto fa proclamare per tutto il regno che Dio stesso gli ha detto di ricostruirgli il tempio e mette in condizione coloro che appartenevano al regno di Israele e di Giuda di ritornare alle loro terre.

 

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Sebbene l'autore sia sconosciuto, sappiamo che i due libri dei Re sono stati scritti prima della distruzione del primo tempio. La tradizione attribuisce l'opera a Geremia, mentre alcune scuole moderne ai "profeti" in modo generico.

Il tema di questi due libri dei Re si trova nell'espressione che ricorre nove volte in 1 Re:

«Come Davide suo padre.»

In altre parole, noi stiamo seguendo la linea di discendenza reale di Davide, e ciascun re fu valutato sul modello da lui costituito. Quello di Davide era un modello umano e non sempre tanto elevato, eppure vediamo che molti re non riuscirono a raggiungerlo. Nonostante gli esempi positivi dati da alcuni sovrani, questa parte della Scrittura, nel complesso, descrive il declino e il fallimento del regno di Israele: infatti in 1 Re troviamo la storia della divisione del regno e in 2 Re quella del suo collasso.

1 e 2 Re sono, in realtà, la continuazione del racconto cominciato in 1 e 2 Samuele. Questi quattro libri possono essere considerati come un tutt'uno, in quanto tracciano la storia della nazione di Israele dal tempo della sua grande espansione, influenza e prosperità sotto Davide e Salomone fino alla divisione, alla cattività, all'esilio delle popolazione di entrambi i regni (regno del Nord, o regno di Israele, e regno del Sud, o regno di Giuda).

I libri dei Re mostrano la penetrazione dell'idolatria nel regno di Israele, ma anche come Dio non mancasse di far conoscere il suo volere al suo popolo. Con la forza di un ciclone, il profeta Elia arrivò improvvisamente sulla scena del regno di Acab e mise alla prova i profeti del dio pagano Baal: ottocento profeti invocavano il loro dio, ma non accadde niente. Quando Elia pregò Dio, invece, ecco che si manifestò un fuoco dal cielo che bruciò l'olocausto preparato sull'altare e completamente bagnato. Dio è ancora oggi pronto a rispondere a chi lo invoca.

Il secondo libro dei Re si apre con il rapimento in cielo di Elia da parte del Signore e l'investitura come profeta del suo discepolo Eliseo, che compì diverse opere potenti e parlò per conto del Signore. La sua storia si intreccia con quella di diverse persone, forse la più importante e significativa è quella di Naaman. Capitano dell'esercito siro, era un uomo valoroso ed onorato, che purtroppo aveva contratto la lebbra: tramite una sua serva ebrea venne a sapere dell'esistenza di Eliseo e lo mandò a chiamare. Convinto che il profeta si sarebbe presentato al suo cospetto, vide invece arrivare un servitore che gli recapitava questo messaggio: «Tuffati sette volte nel Giordano e sarai guarito.» Naaman dovette spogliarsi del suo orgoglio e fare il semplice gesto di ubbidire alla parola del profeta, e fu completamente guarito.

Poco dopo salì al trono il re Ioas, ricordato per il desiderio profondo di restaurare il tempio. Ma, nonostante spiritualmente il popolo si fosse risollevato durante il suo regno, tutto ciò fu solo transitorio e Israele ricominciò a decadere anche politicamente, tant'è che in breve tempo il popolo fu deportato in cattività. È una storia tragica: il popolo eletto, che doveva essere una luce per tutti i popoli, per un periodo di circa duecento anni sprofondò sempre più nell’infedeltà e nella degradazione morale finché cadde sotto il giudizio di Dio e fu deportato dai nemici assiro-babilonesi. Il regno del Nord fu distrutto, ma la sua esperienza non servì a quello del Sud, che finì con il commettere gli stessi errori.

Fra i re che si susseguirono, praticamente nessuno dimostrò timor di Dio. Una eccezione a quella escalation di malgoverno fu costituita da Giosia: durante i lavori di restauro del tempio, egli ritrovò i rotoli della legge e, leggendoli, si rese conto di quanto sia lui stesso che il popolo fossero mancanti davanti a Dio. Fu la lettura della Parola di Dio, che a quel tempo consisteva soltanto nel pentateuco, che produsse il ravvedimento. Ma, sebbene sotto il regno di Giosia sembrasse che la situazione potesse prendere una piega diversa, i re successivi si rivelarono pessimi e Dio arrivò a non tollerare più l'iniquità del popolo. Usò la nascente Babilonia per fare imprigionare e portare lontano una parte del popolo dalla terra che Lui stesso gli aveva assegnato, ma nonostante ciò, la rimanenza della popolazione non si pentì e indurì il suo cuore. A quel punto, Nabucodonosor rase al suolo la città di Gerusalemme, distrusse il tempio e lo saccheggiò.

 

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09 samuele

Questi due libri prendono il nome da Samuele, ultimo giudice d’Israele, che visse attorno all’anno 1000 a.C. Fu lui che, come profeta di Dio, conferì l’unzione regale a Saul e, dopo di lui, a Davide. Samuele segna, dunque, il passaggio dalla fine del periodo dei giudici all'istituzione della monarchia.

La storia di Samuele si trova nel primo libro, di cui è considerato l’autore fino al capitolo 25; probabilmente furono i profeti Natan e Gad, che vissero all’epoca di Davide, a completare la stesura dell'opera.
Il racconto è affascinante, con tre personaggi principali: Samuele, Saul e Davide, le cui storie si intrecciano e si sovrappongono.
Le vicende raccontate all’inizio del primo libro di Samuele si riferiscono al tempo dei Giudici. Erano passati più di quattrocento anni dalla conquista di Canaan, e come si può leggere nel libro dei Giudici, il popolo si trovava in una condizione di degenerazione. La decadenza morale e spirituale del popolo era il riflesso del declino del sacerdozio.
Ai tempi del sacerdote Eli, la parola di Dio era “rara” come leggiamo in 3:1. Non c’erano uomini degni a cui Dio potesse affidare il suo messaggio, allora il Signore si rivolse a un bambino, il piccolo Samuele, che era pronto ad ascoltare. Dio si rivelò a lui e tutto Israele gli riconobbe questo privilegio (3:20-21).
In quel periodo buio della storia d’Israele, sotto la minaccia dei vicini Filistei, Samuele fu l’unico ad ascoltare e trasmettere il messaggio del Signore.
Al capitolo 8 troviamo l'inizio del racconto della nascita del regno d'Israele. L’avvento della monarchia segnò una nuova fase della storia di Israele, che sarebbe durata oltre quattro secoli.
Il popolo cominciò a chiedere un re, mentre Samuele cercava invano di far capire loro che, così, stavano respingendo Dio - ricordiamo che fino ad allora sul popolo di Israele vigeva la teocrazia, il regno di Dio-.  il Signore comunque, accettò la loro richiesta e il profeta fu incaricato di ungere un re.
Fu scelto Saul, della tribù di Beniamino, un uomo alto, di bell’aspetto ed umile, che iniziò brillantemente il suo regno ottenendo una vittoria sugli Ammoniti.
Purtroppo l’umiltà di Saul fu sopraffatta dal suo orgoglio: l’impazienza nell’attendere la guida divina e la disubbidienza danneggiarono il suo rapporto con Dio.
Al capitolo 16 leggiamo di come Samuele, per ordine di Dio, andò a cercare Davide e lo unse re.
Quella dell’unzione era un’usanza di carattere sacro in Israele e riguardava tre categorie di persone: i sacerdoti, i re e i profeti. Il gesto dell’unzione voleva dire che il destinatario doveva svolgere un servizio per Dio.
Davide era un semplice pastore, di bell’aspetto e molto coraggioso, amava la musica ed era fedele al suo Dio. Al capitolo 17, leggiamo come il suo coraggio e lo zelo per Dio si manifestarono pubblicamente con la vittoria riportata su Golia, un guerriero filisteo dallo statura gigantesca.
Al capitolo 18, vediamo come Davide diventò oggetto della gelosia e dell’odio di Saul e fu costretto a fuggire.
Nei capitoli successivi fino al 30, vengono raccontati gli anni di sofferenza e di privazioni in cui la sua fede fu messa a dura prova.
Durante il periodo in cui dovette fuggire e nascondersi, il timor di Dio non venne meno in Davide, che per ben due volte risparmiò la vita a Saul, sapendo che la vendetta per tutto quello che stava subendo non gli apparteneva.
Poi, però, la fede di Davide cominciò a vacillare ed egli si rifugiò presso i Filistei, rendendosi anche colpevole del massacro di vittime innocenti. In quel periodo, egli non agì giustamente e fece, a volte, delle scelte sicuramente poco opportune.
Nel capitolo 31 di 1 Samuele, i Filistei attaccarono l’esercito di Saul, causando anche la morte in battaglia del re e di suo figlio Gionatan. Davide ne fu profondamente addolorato, anche e soprattutto per la forte amicizia che lo legava a Gionatan.
Con questi avvenimenti si conclude il primo libro di Samuele.

Il regno di Davide costituisce l’argomento principale del secondo libro di Samuele.
Il primo libro raccontava di Davide perseguitato e fuggiasco; il secondo lo mostra come re di Giuda per sette anni (capitoli 1-4) e poi di tutto Israele, per trentatre anni.
Il Signore condusse il suo servo Davide di vittoria in vittoria (capitolo 5), pur continuando a correggerlo e ad ammaestrarlo (capitoli 6-10).
Nel capitolo 11, dopo tante vittorie arrivò una sconfitta, ma non si trattò di una sconfitta militare o politica, bensì di una sconfitta morale. Davide fu protagonista di una triste storia di adulterio, che cercò di nascondere organizzando addirittura un omicidio. Egli aveva però trascurato un particolare: Dio vede tutto. In Ebrei 4:13 leggiamo che

«tutte le cose sono nude e scoperte davanti agli occhi di colui al quale dobbiamo rendere conto.»

Dio conosce ogni cosa e dobbiamo rendergliene conto. Davide confessò il suo errore e ritrovò la comunione perduta con il suo Dio (12:13, Salmo 32:51).
Però, le amare conseguenze, nella vita di Davide e nella sua famiglia, non avrebbero tardato ad arrivare: lacrime, lutto, omicidi e aperta ribellione avrebbero segnato le pagine della sua storia.
Davide fu costretto a fuggire da suo figlio Absalom, autore di un colpo di stato. In questi capitoli burrascosi, dal 15 al 20, leggiamo come Davide riconquistò a poco a poco il terreno perduto in Israele, ristabilendo l’unità della nazione.
I capitoli conclusivi sono tutti pervasi da un clima di trionfo: sono registrati atti eroici e gloriose vittorie ottenute grazie alla devozione di soldati fedeli. Infine, il capitolo 24 è dedicato ad un grave avvenimento alla fine del regno di Davide. Spinto dall’orgoglio, il re ordinò un censimento, contro l'esplicito volere di Dio: il castigo non si fece attendere e Dio lo mise alla prova, come, a suo tempo, aveva fatto con Abramo. C’è una stretta analogia tra i due racconti: sul monte Moriah, dove Abramo aveva offerto Isacco al Signore, Davide offrì un olocausto. Nello stesso luogo dove Dio aveva rinnovato ad Abramo le sue promesse, Davide ottenne la conferma del patto divino. E sempre in quello stesso luogo, suo figlio Salomone avrebbe costruito il Tempio (2 Cronache 3:1).
Alla fine di 2 Samuele, Davide è arrivato alla fine della sua corsa.
Gli ultimi giorni della sua vita saranno poi raccontati nei primi due capitoli del primo libro dei Re, mentre la sua opera sarà continuata da Salomone, che Dio eleverà a una gloria senza precedenti nella storia d’Israele.

 

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