La Bibbia è un libro molto particolare, le parole che vi sono scritte possono avere a volte significati nascosti, ma la maggior parte delle volte dice esattamente quello che vuole dire, senza mezzi termini.

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Il Vangelo di Luca ha delle caratteristiche particolari che lo differenziano in modo sostanziale dagli altri tre scritti che raccontano la vita di Gesù.
Come possiamo leggere dalle prime righe, Luca scrive con l'intenzione di fornire una narrazione ordinata che dimostri la dondatezza dei fatti raccontati. Luca scrive con l'attitudine dello storico e riporta in maniera lineare tanti dettagli che gli altri autori dei Vangeli tralasciano. Il suo obiettivo chiaro sin dall'inizio è il presentare in maniera quasi pragmatica l'unica persona che può salvare l'umanità, ovvero Gesù, il Figlio di Dio.

Interessante notare che scrive a un certo Teofilo, al quale indirizzerà anche lo scritto degli Atti. Teofilo è un nome greco che si potrebbe tradurre con "amico di Dio", oppure " colui che ama Dio": per estensione possiamo dire che gli scritti di Luca sono diretti a tutti coloro che cercano Dio e vogliono entrare in relazione con Lui.

Luca, medico di professione ed evangelista per chiamata, fu amico e compagno di viaggio dell’apostolo Paolo. Come uomo di scienza, però non nega il miracolo, anzi si inchina davanti all’onnipotenza del Signore e ci presenta il mistero del concepimento sovrannaturale di Gesù in Maria, per opera dello Spirito Santo. Il suo Vangelo è proprio quello che riporta il maggior numero di guarigioni operate dal divino Medico.

.Consideriamo adesso il contenuto di questo Vangelo.

Il Vangelo di Luca è ricco di dettagli che non troviamo negli altri Vangeli: solo per ricordarne alcuni, vi troviamo le circostanze del concepimento e della nascita di Giovanni il Battista e del Messia Gesù, nonché della fanciullezza di Gesù (capitoli 1-2), l’episodio della peccatrice pentita che precede la parabola dei due debitori (7:36-50), la parabola del buon samaritano (10:25-37), quella del ricco stolto (12:13-21), del gran convito (14:15-24), di colui che, perduto, viene ritrovato (15:1-32), del fattore infedele (16:1-17), del giudice iniquo (18:1-8), del fariseo e del pubblicano che vanno al tempio a pregare (18:9-14). Citiamo infine il colloquio avvenuto sulla via di Emmaus (24:13-35) e il racconto dell’ascensione (24:50-53). Vi invitiamo a leggere una breve riflessione sulla parabola del Figlio prodigo.

Possiamo notare diversi temi ricorrenti in tutto lo scritto:
a) un’enfasi sulla salvezza, l’universalità del Vangelo e il suo carattere di grazia;
b) l’interesse di Gesù per le persone, specialmente per quelle emarginate dalla società; a ciò corrisponde la sua autentica umanità e la sua vita di preghiera;
c) l’importanza data al costo del discepolato. Di qui il bisogno di considerare bene le implicazioni pratiche, prima ancora di accettare la chiamata di Cristo;
d) l’insistenza sulla necessità che le Scritture si compissero attraverso il ministero e l’opera salvifica di Cristo (4:16-21; 24:44);
e) l'enfasi sul tema della gioia oper gli eventi legati alla venuta di Cristo;
f) e per concludere, tutto ciò è inquadrato non solo nel contesto della storia della salvezza, ma anche nella storia umana (2:1-7; 3:1-2; 13:1; 23:1-25). Ripetiamo che Luca si proponeva di scrivere con la disciplina dello storico;

La lettura di Luca è appasionante e di abbastanza semplice comprensione: una volta terminato questo Vangelo è sicuramente ottimo continuare con la lettura degli Atti degli Apostoli e scoprire come la morte di Gesù non abbia segnato la fine della predicazione del messaggio della salvezza, ma soltanto l'inizio.

 

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La narrazione che l'evangelista Marco fa vi sorprenderà sin dalle prime righe: vi calerà come in un film nella vita di Gesù cominciando dalla predicazione di Giovanni Battista al fiume e dal battesimo di Gesù stesso. Scritto sostanzialmente per i pagani e per coloro che non conoscevano usi e costumi del popolo ebraico, il testo è ricchissimo di commenti su luoghi, costumi e vocaboli, spiegazioni sui significati delle parole e le usanze ebraiche, e questo fatto rende le immagini ancora più concrete e tangibili davanti agli occhi del lettore. Inoltre l'autore insiste più sulle azioni di Gesù che sui suoi insegnamenti: anche se sono ricorrenti parole come “insegnare” e “predicare”, Marco riporta solo quattro parabole (al cap. 4), mentre racconta ben diciotto miracoli.

Tutto il Vangelo sembra tendere verso la passione di Cristo. Già al capitolo 2, notiamo l’inizio dell’opposizione da parte dei religiosi e dei politici. Al capitolo 3, verso 6 leggiamo:

«I farisei, usciti, tennero subito consiglio con gli erodiani contro di lui, per farlo morire.»

L’impressione che riceviamo, quando leggiamo Marco, è che egli ci racconti la storia di un uomo dinamico, sempre in movimento: Gesù ammaestra i discepoli e, nel frattempo, compie miracoli e dibatte con i religiosi mettendoli in seria difficoltà.

Una lettura attenta di questo Vangelo ci colpisce perché presenta un uomo che non nasconde la sua consapevolezza di essere una persona divina, mostra un’autorità assoluta in quello che dice e in quello che fa, ricevendo conferma dalla voce del Padre, proveniente dal cielo, in occasione del suo battesimo e della trasfigurazione. Gesù viene presentato come il servo di Dio, e l'autore esprime il concetto citando le parole del Signore:

«Poiché anche il Figlio dell’uomo non è venuto per essere servito, ma per servire, e per dare la sua vita come prezzo di riscatto per molti»
(Marco 10:45).

Presenta un uomo che va diritto verso la condanna e la crocifissione, come se Egli stesso controllasse tutti gli eventi: è sorprendente notare come Gesù, per ben quattro volte, predica la sua morte e la sua resurrezione e come i discepoli non siano in grado di capire che quello che stava dicendo si sarebbe avverato di lì a poco. Gesù era più di un semplice uomo: Gesù era il Figlio di Dio venuto sulla terra per salvare l'umanità.

Vogliamo dire qualcosa di più sull'autore di questo vangelo. Chi era Marco?
Per ben otto volte, il Nuovo Testamento menziona un certo Giovanni, detto anche Marco (Atti degli Apostoli 12:25), la cui madre si chiamava Maria. Nella sua casa di Gerusalemme si riuniva la chiesa a pregare, come apprendiamo dal libro degli Atti degli Apostoli (12:12). Marco fu strettamente legato a tre figure di rilievo nel Nuovo Testamento: Barnaba, Paolo e Pietro.
Era cugino di Barnaba, come possiamo apprendere dalla Lettera ai Colossesi (l4:10). Di Barnaba sappiamo che era un ricco ebreo cipriota che, dopo la sua conversione, si distinse per aver donato agli apostoli tutto il ricavato della vendita di un campo (Atti 4:37).Barnaba fu uno dei primi missionari che il libro degli Atti presenta e Giovanni Marco collaborò a stretto contatto con lui nella sua opera missionaria.
La seconda figura di rilievo vicina a Marco fu l’apostolo Paolo. In un primo momento, Marco accompagnò Paolo e Barnaba nel loro primo viaggio missionario (Atti 13:5), e molti anni più tardi lo troviamo a fianco di Paolo come suo collaboratore (Colossesi 4:10, 2 Timoteo 4:11).
Con l’apostolo Pietro, Marco ebbe un forte legame e si può ipotizzare che il testo del Vangelo di Marco sia stata una stesura dei racconti di Pietro stesso.

 

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Il Vangelo che scrisse Matteo, ha il carattere della narrazione ordinata. Partendo dalla genealogia di Gesù, ordinata secondo la linea di discendenza di Giuseppe, passa al racconto dell'annuncio della nascita del Cristo a Giuseppe.
Colpisce sin dall'inizio la grande quantità di riferimenti all'Antico Testamento:
Gesù è presentato come Messia (termine di origine ebraica che in greco si traduce Cristo), Re e Redentore. Per ben 18 volte Matteo esprime il fatto che Gesù stava adempiendo la Scrittura, un elemento che indica che l’autore scrivesse per dei lettori ebrei. Gli Ebrei del primo secolo aspettavano il Messia, come ancora oggi tanti Ebrei lo aspettano. Matteo ha dimostrato ai suoi connazionali che Gesù era colui che doveva venire: il Figlio di Davide, il Re promesso.

Nei primi tre capitoli, l'evangelista cerca di delineare la figura di Gesù, la sua provenienza e la sua nascita. Importante è anche la figura di Giovanni Battista, messaggero e precursore del Messia che anticipa di poco Gesù, preannunciandolo.

Nei capitoli 5-7, troviamo quella che è stata definita come la più grande predicazione del più grande predicatore di tutti i tempi: il sermone sul monte di Gesù. Nella prima parte, vengono elencate le cosiddette beatitudini, cioè quelle condizioni e caratteristiche che presentano le persone a cui appartiene il regno dei cieli. Nella seconda parte, Gesù spiega come interpretare correttamente la legge di Dio, come mettere in pratica i Suoi comandamenti per piacergli. Nella terza parte, invece, insegna come pregare (ed è qui che troviamo la meravigliosa preghiera conosciuta come il "Padre Nostro"), digiunare, perdonare e fare l'elemosina con atteggiamento di umiltà. L'ultima parte è incentrata sui comportamenti e le caratteristiche dei discepoli di Cristo: generosità, purezza, serenità e così via.

Gesù focalizza l'attenzione su ciò che conta veramente, dicendo che, se cerchiamo prima il regno di Dio e la sua giustizia, tutto quello che ci serve per vivere ci sarà dato in più (Matteo 6:33).

Nei capitoli 8 e 9, la sua autorità e autorevolezza non si manifestano più solo con le parole, ma anche con le azioni. Questi capitoli comprendono una selezione di racconti incentrati su miracoli compiuti da Gesù, che mettono in evidenza la sua autorità sulla malattia, sugli elementi della natura e sulle potenze spirituali. La folla che assiste non può fare a meno di esclamare: «Non si è mai vista una cosa simile in Israele!».

Il capitolo 13 è dedicato alle parabole del Regno dei cieli, seguono poi altri racconti della vita di Gesù.

Il Vangelo prosegue con l’ingresso trionfale di Gesù a Gerusalemme. Egli entra in città come un Re, cavalcando un asinello, acclamato dalla folla, mentre i capi religiosi, mossi dall’invidia, complottano per farlo morire.

Il 24 e il 25 sono due capitoli profetici, che descrivono i segni che precedono il ritorno di Cristo e del suo regno glorioso sulla terra. Poi, gli ultimi capitoli, dal 26 al 28, sono dedicati alla passione e alla terribile morte di Gesù su una croce romana, prima della sua gloriosa resurrezione.

Di Matteo, detto anche Levi, sappiamo ben poco. Il suo nome viene riportato nei quattro elenchi dei dodici apostoli e, dai Vangeli, sappiamo che era un cosiddetto "pubblicano” (pubblicani erano definiti coloro che svolgevano la funzione di esattori delle tasse per conto di Roma, i quali solitamente commettevano abusi ed erano quindi disprezzati dalla popolazione). Vista la sua professione è verosimile che abbia preso appunti durante i viaggi al seguito di Gesù. Si pensa che egli abbia scritto i suoi appunti in ebraico, pubblicando un’edizione in greco intorno al 60 d. C. Non si prende in considerazione una data posteriore al 70 d. C., perché Matteo non fa nessun riferimento alla distruzione del tempio a Gerusalemme per opera dei Romani, avvenuta proprio in quell'anno.

 

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Il nome Isaia deriva dall’ebraico e vuol dire “Jahvè salva”.
Isaia nacque verso il 770 a. C., probabilmente a Gerusalemme, città che conosceva molto bene. Si pensa appartenesse a una famiglia aristocratica, date le strette relazioni con la corte di Giuda. Era sposato con una profetessa e padre di almeno due figli.
Profetizzò per circa 60 anni. Fu chiamato a diventare profeta «nell’anno della morte del re Uzzia» (6:1) e cioè intorno al 740 a. C.
Suo contemporaneo fu il profeta Michea, mentre prima di lui operarono Amos e Osea, che profetizzarono soprattutto per le tribù del Nord, mentre Isaia e Michea diressero le loro profezie in modo particolare verso Giuda e la sua capitale, Gerusalemme.
Non conosciamo l’anno preciso della sua morte, ma probabilmente, dato che scrisse una biografia del re Ezechia (2 Cronache 32:32), Isaia morì durante il regno del successore Manasse.

Il nome di Isaia viene citato nel Nuovo Testamento più di qualsiasi altro profeta.
Le sue parole preferite sono: salvare, liberare, aiutare. Tutti verbi che hanno la stessa radice del suo nome.

In tutto lo scritto si nota un susseguirsi di metafore, immagini e paragoni.
Proprio una di queste immagini si presta a riassumere, in qualche modo, il contenuto del libro.
Il profeta paragona il popolo ad una vigna che il Signore aveva piantato e curato con amore, ma che, arrivato il tempo della vendemmia, aveva prodotto uva selvatica. Dio si aspettava rettitudine, invece il popolo viveva nell’ingiustizia. Al capitolo 6, Isaia riceve la gloriosa visione della santità di Dio e da quel momento sarà incaricato da Dio di annunciare i Suoi giudizi sul popolo. Essi sarebbero stati conquistati e deportati. Tuttavia, nella sua grazia, Dio avrebbe fatto in modo che i sopravvissuti (6:13) tornassero nella propria terra. Con un anticipo di circa 150 anni, Isaia preannuncia l'avvento dell’imperatore Ciro e l’editto da lui promulgato, con il quale avrebbe disposto il ritorno in patria degli Ebrei e la ricostruzione del tempio.

A rendere ancora più sorprendente questo testo è soprattutto la profezia riguardante la venuta del Messia, Gesù. Come quella di Ciro, la profezia riguardante il Messia si è avverata con esattezza, ma è ancora più ricca di particolari. Al capitolo 53, con una precisione sconcertante viene descritta la sofferenza che Cristo avrebbe sopportato fino alla croce. Avvenimenti annunciati con 700 anni di anticipo ( ti suggeriamo di leggere questo approfondimento a propisto di Isaia e le profezie riguardanti Gesù)

 

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