Lettera di Paolo ai Colossesi

 

Situata nella valle del fiume Lico, nell’odierna Turchia, Colosse era una piccola città, meno importante delle vicine Laodicea e Ierapoli. In tutti e tre questi centri si erano costituite delle chiese cristiane (4:13). Paolo aveva attraversato la regione già due volte, nel secondo e nel terzo viaggio missionario (Atti degli Apostoli 16:6, 18:23). Con molta probabilità, la chiesa fu il risultato dell’opera di Paolo a Efeso, distante circa 160 chilometri da Colosse. L’effetto della predicazione di Paolo a Efeso fu di notevole e vasta portata, possiamo dunque immaginare che qualche cittadino di Colosse, avendo udito il Vangelo a Efeso e accettato la fede in Cristo, avesse in seguito fondato una chiesa nella sua città di origine.

La lettera ai Colossesi è stata scritta con tutta probabilità durante la carcerazione romana di Paolo, intorno al 62 d.C.

Epafra, credente e responsabile della chiesa, aveva raggiunto Paolo (1:7-8) per parlargli della situazione che si era creata a Colosse. Diversi riferimenti ci fanno capire che alcuni stavano cercando di persuadere i Colossesi a seguire insegnamenti fuorvianti. Paolo scrive alla chiesa per correggere questi insegnamenti e riportare i credenti a focalizzare sulla persona di Cristo.

I primi capitoli sono dedicati all’esposizione della dottrina cristiana, in cui Cristo è il perno attorno al quale ruota tutto il discorso. Gesù ha il primato in ogni cosa (1:18). La sua preminenza è dovuta al fatto che egli è l’immagine di Dio (1:15) e la pienezza di Dio (1:19). Gesù è il Creatore (1:16) ed è il capo della chiesa (1:18). La sua opera è stata completa: può liberare dal potere delle tenebre (1:13) e può redimerci dal peccato (1:14). Tutte le cose sono riconciliate con Dio mediante il sangue della croce (1:20ss.) e sempre attraverso la croce, le potenze spirituali sono state disarmate (2:15). Cristo inoltre è la vita del credente (3:4).

Qualcuno ha riassunto la lettera ai Colossesi con una parola: pienezza. Infatti Gesù Cristo è pienamente Dio (2:9, 1:15), pienamente glorioso nella sua ricchezza (1:27), pienamente Signore sulla chiesa (1:18, 2:6) e pienamente trionfante sulle potenze del male (2:15). In lui si trovano tutta la pienezza di Dio (1:19) e tutti i tesori della sapienza e della conoscenza (2:3). In lui il Padre ha riconciliato con sé tutte le cose (1:20). Gesù Cristo ha compiuto in modo definitivo e pieno l’opera di salvezza (1:14, 2:13-14). Egli è prima di ogni cosa , sopra ogni cosa, è capo della chiesa, principio della realtà, primogenito di ogni vita (1:15-20). “Egli è prima di ogni cosa e tutte le cose sussistono in lui” (1:17), dunque tutta la realtà è comprensibile alla luce di Cristo.

Nei capitoli seguenti, Paolo rivolge la sua attenzione a questioni di ordine pratico; gli insegnamenti devono avere degli effetti concreti per la vita e le relazioni umane. L’apostolo afferma che una dottrina sana si esprime in una vita santa. Il cristiano è “risorto con Cristo”, vive per Cristo e deve, dunque, manifestare la vita di Cristo in ogni situazione della sua esistenza. Non c’è rottura tra la dottrina e il comportamento, semmai il comportamento è determinato dagli insegnamenti ricevuti. Se la persona e l’opera di Cristo si distingue per la sua pienezza, così è della vita cristiana che Paolo descrive in questa lettera. Essa nasce dall’annuncio della totalità della Parola di Dio (1:25), deve essere ricolma della conoscenza della volontà di Dio (1:9) deve abbondare nel ringraziamento (2:7). Insomma, per dirla come Paolo: “voi avete tutto pienamente in Lui” (2:10). I cristiani sono persone che camminano verso la completezza (4:12). Non sono perfetti, ma sono ricolmi della pienezza di Cristo.

Lo gnosticismo tendeva a separare nettamente lo spirito dal corpo; nell'autentico insegnamento cristiano, invece, tutto l’essere vive la vita nella pienezza di Cristo, non ci sono aspetti della vita in cui Cristo deve essere ritenuto un estraneo. I sentimenti, la famiglia, il lavoro, la chiesa, la politica, il tempo libero, i doveri e quant’altro sono sottomessi alla signoria di Cristo e vissuti pienamente. Questa è la vita del vero cristiano.

Soffermiamoci ora su alcuni brani della Lettera ai Colossesi. Al capitolo 1 Cristo è esaltato in quanto Signore della creazione (1:15-17) e non solo, anche autore della riconciliazione. Ecco le parole di Paolo:

«E voi, che un tempo eravate estranei e nemici a causa dei vostri pensieri e delle vostre opere malvagie,
ora Dio vi ha riconciliati nel corpo della carne di lui, per mezzo della sua morte, per farvi comparire davanti a sé santi, senza difetto e irreprensibili”» 
(1:21-22).

Paolo dice che le nostre opere sono malvagie e ci rendono nemici di Dio. Solo attraverso la morte di Cristo possiamo essere riconciliati. Poi al capitolo 2, versetti 13 e 14, usa un’immagine per chiarire come la morte di Cristo realizza la riconciliazione:

«Voi, che eravate morti nei peccati … voi, dico, Dio ha vivificati con lui, perdonandoci tutti i nostri peccati;
egli ha cancellato il documento a noi ostile, i cui comandamenti ci condannavano, e l'ha tolto di mezzo, inchiodandolo sulla croce.»

Il senso del discorso dell'apostolo Paolo è che non possiamo essere salvati per mezzo delle nostre buone azioni, perché le nostre “buone” azioni sono imperfette. Per usare le parole di un profeta dell’Antico Testamento, agli occhi di Dio sono un “abito sporco” (Isaia 64:6).

Non è così che Dio ci salva. La salvezza non consiste nel far pareggiare i conti delle nostre azioni, non è un calcolo da ragioniere dove le buone opere rappresentano le entrate e le cattive opere rappresentano le uscite. Se il metodo è la valutazione delle nostre azioni, non c’è speranza: chiuderemo sempre in passivo. La speranza però c’è, ed è in Cristo.

Paolo dice che tutte le nostre cattive azioni devono essere cancellate dal documento dove si trovano scritte. La cancellazione è avvenuta quando il documento su cui erano elencate le nostre azioni fu “inchiodato alla croce”. In che modo fu “inchiodata” quella lista che ci condannava? Non fu un foglio di carta ad essere inchiodato alla croce, ma Cristo. Fu così che Egli è diventato il documento di condanna che conteneva le mie azioni cattive. È stato Lui a subire la mia condanna. Ed è stato Lui a donarmi la salvezza. Ecco perché Cristo è l’unica via per riconciliarci con Dio.

 

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