Stai lottando contro Dio?

Nella seconda parte del libro della Genesi, possiamo leggere il racconto della vita dei patriarchi del popolo di Israele, cioè Abramo, Isacco, Giacobbe e Giuseppe. Proviamo a definire il profilo dei primi tre.

Abramo fu scelto da Dio per un compito preciso e portato fuori dal suo paese: lì Dio gli fece una triplice promessa. La prima parte della promessa è relativa alla terra, intesa come territorio. Dio disse: «Va’ nel paese che io ti mostrerò». La seconda parte della promessa riguarda la nazione: «io farò di te una grande nazione e ti benedirò e renderò grande il tuo nome». La terza parte della promessa è che Dio avrebbe fatto di Abramo una benedizione: «in te saranno benedette tutte le famiglie della terra». Bisogna ricordare che le tre religioni più diffuse al mondo, ebraismo, islamismo e cristianesimo fanno riferimento a lui. Possiamo dire che, da questo punto di vista, Abramo fu un grande uomo, ma la caratteristica più importante per la quale egli viene citato dalla Bibbia, è la sua fede: Abramo credette a Dio e ciò gli fu messo in conto come giustizia  (Romani 4:3). Quando Dio scelse Abramo, scelse un uomo che aveva fede in Lui.

Se in Abramo rileviamo una vita di fede, nella vita di Isacco notiamo la caratteristica dell'essere figlio. Infatti era il figlio della promessa, ebbe una nascita speciale e sperimentò una specie di resurrezione, quando Dio chiese a suo padre di sacrificarlo e poi lo risparmiò. Le promesse si sarebbero realizzate attraverso di lui, e quindi per lui si dovette cercare una sposa speciale, Rebecca.

In Giacobbe, il patriarca successivo, vediamo applicata la disciplina e il castigo di Dio che portano alla vittoria e redenzione finale. Nella vita di Giacobbe, troviamo complotti, raggiri e menzogne all'interno della sua famiglia di origine prima e nella sua poi.

È interessante notare che la Bibbia non cerca di farci vedere i personaggi centrali in una luce di perfezione, ma ce li dipinge con le loro caratteristiche e debolezze umane, in cui ci possiamo rispecchiare. Non ci sono supereroi, ci sono uomini e donne che vivono con le stesse emozioni, gli stessi dubbi e le paure con cui viviamo noi. Vediamo Dio che porta avanti il suo piano a beneficio dell'umanità, non trasformando queste persone all'improvviso, miracolosamente, ma guidandole attraverso le esperienze della vita, in modo che capiscano, siano modellate da esse e possano ogni volta riconoscere la mano di Dio dietro agli eventi.

I momenti di insicurezza e dubbi sono quelli che ci portano a riflettere su noi stessi e sulla nostra posizione nei confronti di Dio. Fu proprio in un momento di insicurezza di Giacobbe che Dio stesso confermò anche a lui la promessa fatta ad Abramo, in modo del tutto personale. Inoltre gli assicurò la Sua protezione e la Sua presenza ovunque sarebbe andato. La relazione con Dio non ha a che fare con tradizioni o con la famiglia di appartenenza, ma è un'esperienza intima e personale; Giacobbe doveva scoprire quanto il suo legame con Dio fosse una questione interiore e profonda; non poteva vivere la fede basandosi sull'esperienza e le convinzioni di suo padre e suo nonno.

C'è ancora una lezione dalla vita di Giacobbe che possiamo trarre: cedere a Dio il controllo della propria vita.

Giacobbe ad un certo punto della storia si vede costretto a lottare con qualcuno che spunta dal nulla. È importante notare che la lotta non fu un’iniziativa di Giacobbe, ma che egli fu costretto a lottare. Allo stesso modo, noi evitiamo l’incontro con Dio, ma è Dio che, per amor nostro, ci costringe a confrontarci con Lui per dimostrarci le nostre debolezze e la nostra dipendenza da Lui.

Notiamo che Dio lo benedisse e gli cambiò il nome da Giacobbe ( = usurpatore, imbroglione) a Israele ( = colui che lotta con Dio). Da quel momento, la nuova natura di Israele si sarebbe manifestata nella vita di quell’uomo.

Quella lotta, in fondo, è un po’ il simbolo di tutta la vita di Giacobbe, che aveva lottato e si era affaticato per cercare di ottenere quello che Dio gli avrebbe dato comunque.

Allo stesso modo, chi cerca Dio, deve stare alle Sue condizioni e non avere la presunzione di cercare di dettargliele, ma, molto spesso, soltanto quando ci troviamo a terra, impotenti, siamo pronti ad avere fede in Lui, una volta che è scomparsa la nostra presunzione, che ci impedisce di ricevere la Sua grazia e il Suo amore.

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