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Forse non lo immaginate, ma la città più nominata nella Bibbia, dopo Gerusalemme, è Babilonia e proprio in questa famosa città si svolge la storia raccontata nel libro del profeta Daniele.

Il periodo di maggiore splendore per Babilonia fu durante il regno di Nabucodonosor, che regnò per ben 45 anni, rivelandosi uno dei più geniali e potenti monarchi di tutti i tempi. Sotto di lui, i Babilonesi assediarono a più riprese Gerusalemme e, alla fine, la conquistarono, distruggendo il tempio (586 a.C.). Nabucodonosor deportò per primi i nobili e i migliori giovani del regno di Giuda per destinarli al servizio di corte. Fra questi giovani c’era Daniele: con molta probabilità, era parente del re di Giuda ed era ancora adolescente quando fu deportato, dopo il primo assedio di Gerusalemme.
Daniele e tre suoi compagni assimilarono così tutta la sapienza dei Babilonesi e, ammessi al servizio del re, fu loro affidato il comando della provincia di Babilonia (Daniele sarebbe poi diventato addirittura primo ministro). Quei giovani furono disposti a rischiare la vita per rimanere fedeli a Dio (potete leggere la storia al capitolo 3), erano determinati ad onorare il Signore, che concesse loro una particolare protezione.
Durante il regno di Baldassar, Daniele fu destituito, ma in seguito fu reintegrato nel suo incarico e mantenne, dopo il crollo dell’impero babilonese, un’alta carica al servizio di Dario il Medo e di Ciro, re di Persia.  Daniele, dunque, visse oltre i 70 anni che vanno dalla deportazione di Giuda sotto Nabucodonosor fino al rientro degli esuli sotto Ciro. Egli fu un servitore fedele che rese testimonianza a Dio presso i più potenti re del suo tempo. Non sappiamo né quando né come morì.
Il profeta Ezechiele, che fu suo contemporaneo anche lui in esilio, dichiarò che Daniele dava un notevole esempio di rettitudine e di sapienza (Ezechiele 14:14; 28:3).

Il libro di Daniele fu scritto da lui stesso durante l'esilio. La sua autenticità è confermata da Gesù stesso, che lo cita espressamente, indicando proprio Daniele come autore (Matteo 24:15).
La struttura è particolare, definibile grossomodo "a cerchi concentrici", cioè che parte da una visione generale per poi concentrarsi sempre di più su alcune questioni specifiche.
Le parti del libro che riguardano il popolo ebraico sono scritte in ebraico, quelle che riguardano gli altri popoli in aramaico, la lingua commerciale e diplomatica del tempo.

All'inizio del libro viene subito puntualizzato quanto già espresso in 2 Cronache, cioè che Nabucodonosor saccheggiò il tempio non perché era più forte di Dio, ma perché fu Dio stesso a dargli nelle mani Ioiachim, re di Giuda.
Nella prima parte, si può leggere di Daniele e dei suoi tre compagni che si preparano al servizio di corte. Attraverso la loro vita, l'onnipotenza e l'onniscienza di Dio risaltano in maniera meravigliosa.
Con il capitolo 6, finisce la parte prevalentemente storica, poi c'è l'esposizione delle visioni avute da Daniele, con le prime due (capitoli 7 e 8) che riguardano la storia universale e approfondiscono la visione avuta da Nabucodonosor in 2:28-45. I capitoli finali (9-12) si concentrano invece sul popolo di Dio, prima in modo riassuntivo (le famose "settanta settimane") e poi molto dettagliato.

Le rivelazioni date a Daniele anticipano la scomparsa dell’impero che aveva conquistato Israele e l’avvento di altri imperi, fino alla preparazione del regno del Messia, che sarebbe stato universale ed eterno.
Daniele fa esplicito riferimento alla venuta di Gesù. Al capitolo 9 si fa cenno dell’apparire di un “unto” (in greco “Cristo” e in ebraico “Messia”) che sarebbe stato ucciso.
Inoltre, al capitolo 7:13-14 leggiamo:


«Io guardavo, nelle visioni notturne, ed ecco venire sulle nuvole del cielo uno simile a un figlio d'uomo;
egli giunse fino al vegliardo e fu fatto avvicinare a lui; gli furono dati dominio, gloria e regno,
perché le genti di ogni popolo, nazione e lingua lo servissero. Il suo dominio è un dominio eterno che non passerà, e il suo regno è un regno che non sarà distrutto.»

Gesù attribuì a se stesso questo brano, durante l’interrogatorio che precedette la sua condanna a morte (si può leggerlo nel Vangelo secondo Marco, capitolo 14, versetto 62). Abbiamo dunque la sua autorevole conferma: nella visione notturna, Daniele vide Gesù Cristo.
Daniele ci dice che «giunse fino al vegliardo e fu fatto avvicinare a lui.»
Le Scritture ci insegnano che «dopo aver fatto la purificazione dei peccati, Gesù si è seduto alla destra della Maestà nei luoghi altissimi» e il Padre lo ha accolto alla sua destra come nostro avvocato, che intercede a favore di coloro che gli appartengono (come è scritto nella lettera agli Ebrei 7:25). Il Padre lo ha fatto avvicinare a sé, affinché tutti noi potessimo avvicinarci a Lui. A Cristo, inoltre, viene dato il dominio e un regno eterno: l’universo e la storia gli appartengono.

Il libro di Daniele contiene molte rivelazioni di Dio e non possiamo avere dubbi sul fatto che abbia un messaggio anche per noi oggi, anche se non tutti i suoi contenuti sono facilmente comprensibili. Vi invitiamo ad approfondire questo libro con l'ausilio del programma radio «Il Libro più letto».

 

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Nelle Cronache i fatti descritti nei libri di Samuele e dei Re vengono raccontati con maggiori dettagli e Dio, come ispiratore della Sacra Scrittura, enfatizza dei particolari che considera importanti.

Nei libri delle Cronache, la storia che va Da davide alla deportazione a Babilonia è vista sotto un nuovo punto di vista: nei libri dei Re, il centro era il palazzo reale, nelle Cronache, invece, il centro è il tempio. I libri dei Re riportano la storia politica della nazione, mentre quelli delle Cronache ne riportano la storia sotto un profilo più legato alla religione.
È probabile che le Cronache siano state scritte da Esdra, in quanto presentano una sorprendente somiglianza di stile e di linguaggio col libro che porta il suo stesso nome.

Nel primo libro delle Cronache troviamo lunghe tavole geneaoliche per i primi 9 capitoli, poi l'accento si sposta sulla storia di Davide e sul suo desiderio di realizzare il tempio.

I primi nove capitoli del secondo libro sono dedicati al regno di Salomone, alla cui morte salì al trono il figlio Roboamo. Fu la stupidità di Roboamo a causare la divisione del regno israelita, che si divise in regno del Nord (chiamato anche Israele e composto da dieci delle dodici tribù) e regno del Sud (chiamato anche Giuda e formato essenzialmente dalle due tribù di Giuda e Beniamino).
Dio mette l'enfasi sul regno di Giuda, perché da Davide, appartenente a questa tribù, possiamo tracciare l'intera linea genealogica che porta a Gesù Cristo.
In questa parte della storia nazionale, troviamo cinque periodi di “risveglio” della nazione, sui quali le Cronache si soffermano: come abbiamo già detto la storia è presentata focalizzando sull'aspetto religioso, e viene messo in risalto come Dio interviene con decisione sulla situazione del popolo.
Nabucodonosor diventa l'artefice del giudizio di Dio su Israele e la deportazione durerà 70 anni. Il secondo libro delle Cronache si chiude con un colpo di scena: un re persiano, Ciro, riconosce la sovranità di Dio, con un editto fa proclamare per tutto il regno che Dio stesso gli ha detto di ricostruirgli il tempio e mette in condizione coloro che appartenevano al regno di Israele e di Giuda di ritornare alle loro terre.

 

13 primocronache

 

14 secondocronache

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Sebbene l'autore sia sconosciuto, sappiamo che i due libri dei Re sono stati scritti prima della distruzione del primo tempio. La tradizione attribuisce l'opera a Geremia, mentre alcune scuole moderne ai "profeti" in modo generico.

Il tema di questi due libri dei Re si trova nell'espressione che ricorre nove volte in 1 Re:

«Come Davide suo padre.»

In altre parole, noi stiamo seguendo la linea di discendenza reale di Davide, e ciascun re fu valutato sul modello da lui costituito. Quello di Davide era un modello umano e non sempre tanto elevato, eppure vediamo che molti re non riuscirono a raggiungerlo. Nonostante gli esempi positivi dati da alcuni sovrani, questa parte della Scrittura, nel complesso, descrive il declino e il fallimento del regno di Israele: infatti in 1 Re troviamo la storia della divisione del regno e in 2 Re quella del suo collasso.

1 e 2 Re sono, in realtà, la continuazione del racconto cominciato in 1 e 2 Samuele. Questi quattro libri possono essere considerati come un tutt'uno, in quanto tracciano la storia della nazione di Israele dal tempo della sua grande espansione, influenza e prosperità sotto Davide e Salomone fino alla divisione, alla cattività, all'esilio delle popolazione di entrambi i regni (regno del Nord, o regno di Israele, e regno del Sud, o regno di Giuda).

I libri dei Re mostrano la penetrazione dell'idolatria nel regno di Israele, ma anche come Dio non mancasse di far conoscere il suo volere al suo popolo. Con la forza di un ciclone, il profeta Elia arrivò improvvisamente sulla scena del regno di Acab e mise alla prova i profeti del dio pagano Baal: ottocento profeti invocavano il loro dio, ma non accadde niente. Quando Elia pregò Dio, invece, ecco che si manifestò un fuoco dal cielo che bruciò l'olocausto preparato sull'altare e completamente bagnato. Dio è ancora oggi pronto a rispondere a chi lo invoca.

Il secondo libro dei Re si apre con il rapimento in cielo di Elia da parte del Signore e l'investitura come profeta del suo discepolo Eliseo, che compì diverse opere potenti e parlò per conto del Signore. La sua storia si intreccia con quella di diverse persone, forse la più importante e significativa è quella di Naaman. Capitano dell'esercito siro, era un uomo valoroso ed onorato, che purtroppo aveva contratto la lebbra: tramite una sua serva ebrea venne a sapere dell'esistenza di Eliseo e lo mandò a chiamare. Convinto che il profeta si sarebbe presentato al suo cospetto, vide invece arrivare un servitore che gli recapitava questo messaggio: «Tuffati sette volte nel Giordano e sarai guarito.» Naaman dovette spogliarsi del suo orgoglio e fare il semplice gesto di ubbidire alla parola del profeta, e fu completamente guarito.

Poco dopo salì al trono il re Ioas, ricordato per il desiderio profondo di restaurare il tempio. Ma, nonostante spiritualmente il popolo si fosse risollevato durante il suo regno, tutto ciò fu solo transitorio e Israele ricominciò a decadere anche politicamente, tant'è che in breve tempo il popolo fu deportato in cattività. È una storia tragica: il popolo eletto, che doveva essere una luce per tutti i popoli, per un periodo di circa duecento anni sprofondò sempre più nell’infedeltà e nella degradazione morale finché cadde sotto il giudizio di Dio e fu deportato dai nemici assiro-babilonesi. Il regno del Nord fu distrutto, ma la sua esperienza non servì a quello del Sud, che finì con il commettere gli stessi errori.

Fra i re che si susseguirono, praticamente nessuno dimostrò timor di Dio. Una eccezione a quella escalation di malgoverno fu costituita da Giosia: durante i lavori di restauro del tempio, egli ritrovò i rotoli della legge e, leggendoli, si rese conto di quanto sia lui stesso che il popolo fossero mancanti davanti a Dio. Fu la lettura della Parola di Dio, che a quel tempo consisteva soltanto nel pentateuco, che produsse il ravvedimento. Ma, sebbene sotto il regno di Giosia sembrasse che la situazione potesse prendere una piega diversa, i re successivi si rivelarono pessimi e Dio arrivò a non tollerare più l'iniquità del popolo. Usò la nascente Babilonia per fare imprigionare e portare lontano una parte del popolo dalla terra che Lui stesso gli aveva assegnato, ma nonostante ciò, la rimanenza della popolazione non si pentì e indurì il suo cuore. A quel punto, Nabucodonosor rase al suolo la città di Gerusalemme, distrusse il tempio e lo saccheggiò.

 

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