17 ester

Gli eventi narrati nel libro di Ester si collocano cronologicamente tra il libro di Esdra e quello di Neemia.

L’autore del libro è sconosciuto, così come la data di stesura, anche se possiamo desumere che sia stata scritta dopo il 465 a.C. (anno di morte del re Assuero, identificato con Serse I, monarca persiano di cui si parla nel racconto). Lo scrittore era un buon conoscitore dei costumi di corte e della situazione storica del V secolo, dunque oltre ad aver vissuto in Persia, deve essere stato un testimone oculare di quanto racconta. Ciro, il fondatore dell’impero persiano, ben noto per il suo atteggiamento generoso nei confronti dei popoli conquistati, dopo aver conquistato Babilonia nel 539 a.C, permise agli Ebrei di ritornare a Gerusalemme.

La storia racconta di Aman, potente principe alla corte del re Assuero, e del suo malvagio proposito di distruggere tutti gli Ebrei viventi sul territorio persiano, per vendicarsi di Mardocheo, un ebreo che aveva rifiutato di prostrarsi al suo passaggio.

In una tale crisi, era necessario un intervento provvidenziale, che arrivò per mezzo di Ester, una giovane ebrea scelta dal re quale regina e che era nipote di Mardocheo, il quale l'aveva adottata come figlia e cresciuta sotto la sua tutela. Benché Dio non venga mai nominato direttamente, l'intero libro è completamente permeato della sua divina provvidenza.

Il re Assuero, dopo aver bevuto abbondantemente in uno dei suoi banchetti, ordinò che la regina Vasti si presentasse agli ospiti per mostrare la sua bellezza. La regina rifiutò l’invito scatenando l’ira del re che, su consiglio dei cortigiani, ne ordinò la deposizione. Per sostituirla fece cercare nel suo regno una giovane di grande bellezza e, tra le ragazze selezionate, fu scelta Ester.

La scelta arrivò proprio in un momento critico per gli Ebrei, quello del complotto di Aman.

Usando come pretesto le leggi e le usanze particolari degli Ebrei, Aman aveva ottenuto di pubblicare, a nome del re Assuero, un decreto che autorizzava l’uccisione di tutti gli Ebrei e il saccheggio dei loro beni in una data ben precisa.

Mardocheo, allora, sollecitò Ester a intervenire in favore del suo popolo.

In precedenza, egli aveva sventato una congiura ai danni del re. I due cospiratori, dopo le opportune indagini e verifiche dei fatti, erano stati giustiziati, l’episodio registrato, ma l’azione di Mardocheo era poi finita nel dimenticatoio.

Nella notte decisiva della storia raccontata nel libro di Ester, il re, che non riusciva a prendere sonno, ordinò che gli si leggesse il libro delle Memorie. In tal modo, venne a sapere che il servizio resogli da Mardocheo non era mai stato ricompensato. Il re allora dispose che egli ricevesse una ricompensa pubblica e, per suo ordine, Mardocheo attraversò le vie della città vestito con abiti regali, sul cavallo del re e preceduto dalla persona più importante della corte: Aman.

Mediante una serie di imprevedibili circostanze, alla fine, Aman fu vittima del suo stesso complotto. Ester comunicò al re il piano malvagio del suo dignitario e, siccome non era possibile abrogare l’editto con il quale si ordinava la distruzione degli Ebrei, la regina ottenne che essi potessero difendersi dall’attacco dei loro nemici.

Il popolo ebraico fu salvo e Mardocheo ricevette la più alta carica dello stato dopo il re, al posto di Aman. Tale miracoloso capovolgimento di una situazione disperata fu celebrato in tutto l’impero persiano, ed è ancora oggi ricordato ogni anno dagli Ebrei in ogni parte del mondo, con una festa chiamata Purim.

Non sappiamo come e quando morì la regina Ester, ma è certo che le circostanze della sua vita contribuirono alla sopravvivenza del suo popolo.

Con il libro di Ester si conclude la parte storica dell’Antico Testamento.

 

17 ester

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11 primore

Sebbene l'autore sia sconosciuto, sappiamo che i due libri dei Re sono stati scritti prima della distruzione del primo tempio. La tradizione attribuisce l'opera a Geremia, mentre alcune scuole moderne ai "profeti" in modo generico.

Il tema di questi due libri dei Re si trova nell'espressione che ricorre nove volte in 1 Re:

«Come Davide suo padre.»

In altre parole, noi stiamo seguendo la linea di discendenza reale di Davide, e ciascun re fu valutato sul modello da lui costituito. Quello di Davide era un modello umano e non sempre tanto elevato, eppure vediamo che molti re non riuscirono a raggiungerlo. Nonostante gli esempi positivi dati da alcuni sovrani, questa parte della Scrittura, nel complesso, descrive il declino e il fallimento del regno di Israele: infatti in 1 Re troviamo la storia della divisione del regno e in 2 Re quella del suo collasso.

1 e 2 Re sono, in realtà, la continuazione del racconto cominciato in 1 e 2 Samuele. Questi quattro libri possono essere considerati come un tutt'uno, in quanto tracciano la storia della nazione di Israele dal tempo della sua grande espansione, influenza e prosperità sotto Davide e Salomone fino alla divisione, alla cattività, all'esilio delle popolazione di entrambi i regni (regno del Nord, o regno di Israele, e regno del Sud, o regno di Giuda).

I libri dei Re mostrano la penetrazione dell'idolatria nel regno di Israele, ma anche come Dio non mancasse di far conoscere il suo volere al suo popolo. Con la forza di un ciclone, il profeta Elia arrivò improvvisamente sulla scena del regno di Acab e mise alla prova i profeti del dio pagano Baal: ottocento profeti invocavano il loro dio, ma non accadde niente. Quando Elia pregò Dio, invece, ecco che si manifestò un fuoco dal cielo che bruciò l'olocausto preparato sull'altare e completamente bagnato. Dio è ancora oggi pronto a rispondere a chi lo invoca.

Il secondo libro dei Re si apre con il rapimento in cielo di Elia da parte del Signore e l'investitura come profeta del suo discepolo Eliseo, che compì diverse opere potenti e parlò per conto del Signore. La sua storia si intreccia con quella di diverse persone, forse la più importante e significativa è quella di Naaman. Capitano dell'esercito siro, era un uomo valoroso ed onorato, che purtroppo aveva contratto la lebbra: tramite una sua serva ebrea venne a sapere dell'esistenza di Eliseo e lo mandò a chiamare. Convinto che il profeta si sarebbe presentato al suo cospetto, vide invece arrivare un servitore che gli recapitava questo messaggio: «Tuffati sette volte nel Giordano e sarai guarito.» Naaman dovette spogliarsi del suo orgoglio e fare il semplice gesto di ubbidire alla parola del profeta, e fu completamente guarito.

Poco dopo salì al trono il re Ioas, ricordato per il desiderio profondo di restaurare il tempio. Ma, nonostante spiritualmente il popolo si fosse risollevato durante il suo regno, tutto ciò fu solo transitorio e Israele ricominciò a decadere anche politicamente, tant'è che in breve tempo il popolo fu deportato in cattività. È una storia tragica: il popolo eletto, che doveva essere una luce per tutti i popoli, per un periodo di circa duecento anni sprofondò sempre più nell’infedeltà e nella degradazione morale finché cadde sotto il giudizio di Dio e fu deportato dai nemici assiro-babilonesi. Il regno del Nord fu distrutto, ma la sua esperienza non servì a quello del Sud, che finì con il commettere gli stessi errori.

Fra i re che si susseguirono, praticamente nessuno dimostrò timor di Dio. Una eccezione a quella escalation di malgoverno fu costituita da Giosia: durante i lavori di restauro del tempio, egli ritrovò i rotoli della legge e, leggendoli, si rese conto di quanto sia lui stesso che il popolo fossero mancanti davanti a Dio. Fu la lettura della Parola di Dio, che a quel tempo consisteva soltanto nel pentateuco, che produsse il ravvedimento. Ma, sebbene sotto il regno di Giosia sembrasse che la situazione potesse prendere una piega diversa, i re successivi si rivelarono pessimi e Dio arrivò a non tollerare più l'iniquità del popolo. Usò la nascente Babilonia per fare imprigionare e portare lontano una parte del popolo dalla terra che Lui stesso gli aveva assegnato, ma nonostante ciò, la rimanenza della popolazione non si pentì e indurì il suo cuore. A quel punto, Nabucodonosor rase al suolo la città di Gerusalemme, distrusse il tempio e lo saccheggiò.

 

11 primore

 

12 secondore

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07 giudici

Il libro dei Giudici è così chiamato per via di dodici uomini e una donna che servirono Dio come cosiddetti "giudici" di Israele. Fu scritto durante il periodo della monarchia e racconta le vicende comprese, appunto, fra la morte di Giosuè e l'avvento della monarchia stessa, nel periodo in cui visse il profeta Samuele. È possibile sia opera del profeta Samuele, ma in realtà non abbiamo certezze riguardo l'identità dell'autore.

La situazione in cui la nazione si trovava era la seguente: dopo la scomparsa di Giosuè, il popolo di Israele era rimasto privo di un potere centrale e la nuova nazione era costituita da una confederazione di dodici tribù indipendenti. L’unico legame fra le tribù era rappresentato da Dio, che governava direttamente il suo popolo. Dunque, la teocrazia era la forma di governo in Israele al tempo dei giudici. Purtroppo, il popolo dimostrò poca fedeltà al suo Dio, continuando a ricadere nell’idolatria, nell’anarchia e nella debolezza militare, incapace di resistere ai nemici che continuamente cercavano di sottometterlo.

I Giudici erano le guide spirituali in Israele e, dato che spesso ricoprivano anche la carica di capi militari, venivano designati come strumenti di liberazione. In tempo di pace, svolgevano la funzione giuridica, con il compito di far applicare il diritto divino. La funzione del giudice si distingueva da quella del re perché la carica non era ereditaria, il giudice non dominava su tutto Israele (spesso esercitava la sua funzione all’interno di una tribù) e non era legato ad una carriera, militare o sociale.
Ecco come si esprime in proposito l’autore del libro:

«Il SIGNORE allora fece sorgere dei giudici, che li liberavano dalle mani di quelli che li spogliavano.
Ma neppure ai loro giudici davano ascolto, anzi si prostituivano ad altri dèi e si prostravano davanti a loro.
Abbandonarono ben presto la via percorsa dai loro padri, i quali avevano ubbidito ai comandamenti del SIGNORE; ma essi non fecero così»
           (Giudici 2:16-17).


IL LIBRO DEI GIUDICI IN BREVE

I primi due capitoli rappresentano una sezione introduttiva che contiene un sommario della conquista del paese e la spiegazione del motivo per cui alcune nazioni pagane erano rimaste nel paese.

I capitoli da 3 a 16, cioè la parte centrale del libro, registrano le oppressioni da parte dei popoli vicini e le relative liberazioni per mezzo di giudici. Durante quel periodo, Israele ebbe un giudice che non possiamo trascurare: è Sansone, il cui nome è conosciuto anche da chi non ha mai letto la Bibbia. Egli fu uno dei maggiori giudici, un uomo che aveva davanti una promettente carriera ed un brillante futuro, ma purtroppo non fece una buona riuscita. Solo alla fine, sacrificandosi, si riscattò e salvò il popolo dall'oppressione dei Filistei.

Oltre alla narrazione storica, all’interno del libro troviamo due testi poetici, al capitolo 5 e al capitolo 9.

Gli utlimi capitoli sono dedicati alle vite di due personaggi, Mica e il Levita e alle cruente scene della battaglia di Ghibea, in cui vediamo le tribù combattere l'una contro l'altra.

L’incredulità e il declino che si manifestarono durante quel periodo di transizione, costituiscono il fulcro della narrazione, unitamente alla pazienza infinita di Dio che, malgrado l’incompetenza totale e l’incredulità manifestate dal popolo, intervenne ripetutamente per soccorrerli.
Non dobbiamo pensare che il tempo dei giudici fosse caratterizzato costantemente dall'idolatria. In realtà, sui periodi in cui Israele si allontanava da Dio si incentra tutto il racconto, perché la Parola di Dio si sofferma sulle punizioni che il popolo subiva e sulle liberazioni che accompagnavano il suo ravvedimento. Al contrario, sui lunghi periodi durante i quali regnavano i giudici e il popolo seguiva il Signore, godendo, di conseguenza, la pace, si sorvola ed essi vengono descritti nello spazio di un versetto.
La ripetuta apostasia di Israele prepara il terreno ad un periodo di oppressione da parte dei Filistei, i quali erano probabilmente i peggiori nemici di Israele, che oppressero per circa quarant'anni.


Il versetto finale che conclude la sconvolgente storia del libro dei Giudici è quello ricorrente in tutto il libro:

«In quel tempo, non c'era re in Israele; ognuno faceva quello che gli pareva meglio.»

 

07 giudici

 

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