Focalizziamo la nostra attenzione sul versetto 7 del capitolo 1 della Lettera agli Efesini:

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Il libro di Osea si colloca fra il 786 e il 724 a.C. circa, durante i regni di Uzzia, Iotam, Acaz ed Ezechia nel regno di Giuda (o regno del Sud) e Geroboamo II nel regno di Israele (o regno del Nord).
Con 8 citazioni, Osea è il terzo profeta più citato nel Nuovo Testamento.
Il suo libro, suddiviso in 14 capitoli, presenta una struttura circolare, in quanto si susseguono 6 annunci del giudizio di Dio, a ciascuno dei quali ne segue uno di grazia.
Lo scopo della profezia di Osea era quello di chiamare Israele al pentimento, profetizzare sulla causa della deportazione a Babilonia, dovuta all'infedeltà del popolo, e predire la restaurazione.
Come Amos, Osea incentra la sua profezia sul regno di Samaria (Israele), ma facendo riferimento ogni tanto anche a quello di Giuda, che valuta in genere come simile al primo. Ciò è significativo perché in realtà, la condizione di quest'ultimo era sensibilmente migliore e la degenerazione non era ancora così avanzata. Evidentemente, il profeta vedeva già con anticipo che nel regno del Sud si era imboccata la stessa strada nel regno del Nord.

In questo libro profetico, Dio viene paragonato soprattutto ad un marito, ma anche ad un fidanzato e ad un padre. Egli ordina al profeta di prendere in moglie una prostituta e simboleggiare così la relazione fra Lui stesso ed il popolo di Israele, che adorava altri idoli ed era infedele al suo Dio:

«Va', prenditi in moglie una prostituta e genera figli di prostituzione, perché il paese si prostituisce abbandonando il Signore» (Osea 1:2).

La "moglie Israele" aveva tradito sistematicamente Dio e si era ampiamente meritata il ripudio, ma Dio ne avrebbe avuto poi compassione e l'avrebbe corteggiata di nuovo come da fidanzato, legandola a sé «per l'eternità» (3:19).
Osea annuncia ripetutamente il giudizio di Dio su Israele, ma poi PER GRAZIA la condanna viene trasformata in salvezza. Osea avverte il regno del Nord della futura deportazione in Assiria e vive fino a vederla realizzarsi. Il profeta avvisa il popolo molto chiaramente che la sua condizione di peccato davanti a Dio era più grave che mai e doveva aspettarsi il castigo di Dio. Israele aveva conosciuto il Signore mediante la liberazione dall'Egitto e Dio stesso aveva detto: «Voi avete visto quello che ho fatto agli Egiziani e come vi ho portato sopra ali d'aquila e vi ho condotti a me» (Esodo 19:4). Eppure erano stati così ciechi da tornare ad adorare una statua raffigurante un vitello d'oro.

«Desidero bontà, non sacrifici, e la conoscenza di Dio più degli olocausti» (Osea 6:6)
«Tornate al Signore! Ditegli: "Perdona tutta l'iniquità e accetta questo bene; noi ti offriremo, invece di tori, l'offerta di lode delle nostre labbra."» (Osea14:2)

Qualcosa di simile avrebbero detto anche altri profeti e lo aveva già detto Samuele a Saul: «Ubbidire è meglio del sacrificio, dare ascolto vale più che il grasso dei montoni» (1 Samuele 15:22). Dio aveva richiesto ad Abramo di avere fede, non di moltiplicare i sacrifici. Nella legge di Mosè, i sacrifici erano forme che dovevano esprimere una sostanza, ma per Dio la sostanza è stata sempre più importante della forma: a Lui non interessa un'adorazione puramente formale, ma che il nostro cuore gli appartenga con fedeltà.

Dal libro di Osea impariamo che Dio continua ad amare incondizionatamente il suo popolo anche quando si svia, e desidera riportarlo a sé, anche se non se lo merita.
E anche noi, come umanità, ci siamo sviati e non meritiamo l'amore di Dio, ma, per la sua misericordia, Lui vuole ugualmente riportarci a sé, offrendoci il suo perdono e la vita eterna al posto di un'eternità di lontananza da Lui.

 

28 osea

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L’Apocalisse è un’opera drammatica, piena di simboli, non sempre immediatamente comprensibile.
Molti lettori sfogliano l’ultimo libro della Bibbia per trovarvi indicazioni sul futuro. Ma Dio non ci ha dato questo testo per soddisfare la nostra curiosità. Come tutti i libri che compongono la Bibbia, l’Apocalisse trasmette un messaggio che riguarda ognuno di noi, ieri, oggi, e domani.
La parola “Apocalisse” deriva da un termine greco che significa “rivelazione”. Secondo il primo versetto del libro, si tratta di una rivelazione di Gesù Cristo data da Dio e riguarda le cose che devono accadere. Già i primi cristiani, con il termine “Apocalisse”, volevano indicare la manifestazione gloriosa di Cristo alla fine dei tempi.
È l’unico libro della Sacra Scrittura in cui viene promessa una benedizione speciale a chi lo legge:

«Beato chi legge e beati quelli che ascoltano le parole di questa profezia e fanno tesoro delle cose che vi sono scritte, perché il tempo è vicino!» (Apocalisse 1:3).


Questo testo conclude la rivelazione biblica e deve essere interpretato alla luce di tutta la Sacra Scrittura. I suoi 22 capitoli contengono centinaia di citazioni dell’Antico Testamento ed è necessario conoscere bene quei testi per comprendere il significato preciso dei personaggi e dei simboli presenti nell’Apocalisse.
Il titolo del libro riporta il nome dell’autore, Giovanni, in cui si riconosce tradizionalmente l'apostolo di Gesù. Secondo diversi autori, il testo fu scritto durante le violente persecuzioni al tempo di Domiziano. Sarebbe quella l’epoca in cui Giovanni fu esiliato a Patmos, un'isola nel mare Egeo, a circa 55 chilometri dalla costa turca. L’uso del tempo passato “ero in Patmos" sembra indicare che, pur avendo avuto le visioni mentre era sull’isola, fu soltanto dopo la sua liberazione ed il ritorno ad Efeso che Giovanni scrisse il libro, quindi verso il 96 d.C.


Veniamo ora al contenuto.
Come nel quarto Vangelo, la subordinazione di Gesù a Dio è controbilanciata dall’uguaglianza con lui: sia il Padre che il Figlio portano il titolo di Alfa e Omega (1:8; 22:13); la salvezza è attribuita a entrambi (7:10); i martiri risuscitati sono sacerdoti per entrambi (20:6); condividono da eguali lo stesso regno (11:15; 12:10) ed entrambi sono il tempio della città santa (21:22).
Lo scritto dell'Apocalisse può essere diviso in tre parti, secondo lo schema che troviamo al capitolo 1, versetto 19, dove si legge: 

«Scrivi dunque le cose che hai viste, quelle che sono e quelle che devono avvenire in seguito.»

"Le cose che hai viste" riguardano la visione del Signore stesso glorificato. La scena fu così terribile che Giovanni gli cadde ai piedi come morto. Tuttavia, mediante la sua grazia, Gesù va incontro al suo servitore e Giovanni riporta: «Ed egli mise la sua mano destra su di me, dicendo: “non temere…"» (v. 17).

"Le cose che sono" del versetto 19 si riferiscono allo stato di fatto delle chiese dell'Asia Minore, a cui il Signore stesso si rivolge: Efeso, Smirne, Pergamo, Tiatiri, Sardi, Filadelfia, Laodicea.
Questi messaggi alle chiese seguono uno schema fisso: ognuno presenta una caratteristica del Signore Gesù, una valutazione della chiesa con una lode o un rimprovero. C’è anche una promessa rivolta ai vittoriosi.

Per quanto riguarda le cose "che devono avvenire in seguito", si tratta delle visioni successivamente descritte nel libro.

A questo punto, la scena si sposta dalla terra al cielo. È presentata una visione di Dio circondato di maestà e santità, seguita da una visione dell’Agnello (Cristo) e del libro, cioè un rotolo di pergamena sigillato. Il rotolo occupa un posto centrale nel resto dell’Apocalisse, in quanto tutto ciò che segue è un graduale verificarsi del suo contenuto.
Nella sequenza degli avvenimenti descritti nel libro, il numero sette è una costante: il rotolo sigillato è il libro dei “sette sigilli”; la descrizione di eventi connessi con il suono di “sette trombe”, che esprimono l'inevitabilità del giudizio divino; troviamo poi la visione delle “sette coppe”, segni premonitori del giudizio finale, ed infine sette flagelli.
Dopo che le trombe del giudizio hanno compiuto il loro corso, la scena si prepara per la comparsa del falso messia, l’Anticristo. Questi è chiamato la Bestia nel capitolo 13 e riceve il suo potere da Satana. Da quanto si riesce a comprendere, essa sarà abilmente appoggiata nei suoi piani da una seconda Bestia che, con segni e prodigi, convincerà i popoli della terra ad adorare l’immagine della prima. Si parla pure di due testimoni che saranno uccisi a Gerusalemme; la gioia generale ispirata dalla loro morte non durerà molto, perché i due profeti saranno pubblicamente riportati in vita da Dio. Il regno della Bestia prometterà benessere, come spiega il capitolo 18, ma quando mostrerà il suo vero volto e pretenderà che tutti gli uomini portino il suo marchio, Dio interverrà.
Le due bestie saranno gettate in un lago di fuoco e Satana sarà incatenato per mille anni. Alla fine del millennio, egli sarà sciolto e capeggerà l’ultima ribellione contro il Signore. Un duro giudizio si abbatterà sul mondo e poi tutti i morti di tutte le età saranno convocati per apparire davanti al grande trono bianco. In quest’ultimo terribile processo, gli uomini saranno giudicati secondo le loro opere e subiranno una giusta condanna.

Il libro dell’Apocalisse si conclude con la visione della città celeste, dalla quale sono esclusi per sempre tutti quelli che si sono opposti a Dio.
Prima che l’ultimo "amen" sia pronunciato, per ben tre volte il Signore proclama il suo ritorno. Così arriviamo all’ultima preghiera che troviamo nella Sacra Scrittura:

«Vieni, Signore Gesù!»

La venuta del Signore è uno dei primi avvenimenti di cui parla il libro e le sue ultime parole sono la preghiera di Giovanni perché ciò avvenga presto. Cristo torna. Il più grande evento della storia umana avverrà sulle nuvole, in potenza e gloria, visibile a tutto il mondo. Sarà un giorno di angoscia e di terrore per quelli che lo hanno respinto e un giorno di indicibile gioia per coloro che gli appartengono. Nel libro degli Atti degli apostoli al capitolo 1, versetti dal 9 all'11, è detto che Gesù è asceso in cielo in una nuvola e «verrà nella stessa maniera». Gesù venne la prima volta nel tempo stabilito e ritornerà nuovamente al momento fissato.
Come si è detto, l'Apocalisse presenta molti riferimenti all’Antico Testamento, in particolare al libro di Daniele. Inoltre, si possono tracciare importanti confronti tra la Genesi e l’Apocalisse: la Genesi racconta il paradiso perduto, l’Apocalisse il paradiso ritrovato; il giardino dell’Eden della Genesi cede il posto alla città di Dio dell’Apocalisse; l’albero della vita della Genesi riappare nell’Apocalisse. Il serpente compare nel primo libro della Bibbia e trova il suo giudizio nell’ultimo. Il peccato, il dolore, le lacrime e la maledizione fanno tutti la loro comparsa in Genesi e scompaiono nella Rivelazione di Giovanni. Questo libro è il naturale completamento di tutto ciò che Dio ha voluto rivelarci fin dalla Genesi.

Attraverso le profezie, Cristo riempie le pagine dell’Antico Testamento. I Vangeli lo presentano nella sua umanità, gli Atti e le lettere degli apostoli ci spiegano che opera per mezzo dello Spirito Santo. L’Apocalisse presenta Cristo che entra in possesso del suo regno universale e agisce con potenza nel mondo futuro. E la rivelazione di Dio termina con questa frase:

«La grazia del Signore Gesù sia con tutti.»

La Bibbia conclude con una porta spalancata verso l’umanità, a favore di tutta l’umanità.
Gesù offre la salvezza per grazia a tutti. Ma oltre a questa meravigliosa offerta troviamo anche una promessa, quella del suo ritorno. Gesù dice: «Ecco, io vengo presto.»

Voi siete pronti ad incontrare Gesù Cristo? Lo incontrerete come giudice o come salvatore? La Genesi è il libro degli inizi, l’Apocalisse quello delle conclusioni.
Dio ha tratto la sua conclusione sin dalla Genesi, aprendo all'uomo la possibilità di riconciliarsi con Lui e vivere eternamente alla sua presenza.
Voi avete tratto le vostre conclusioni?

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